Scheda film

Regia: Juan Taratuto
Soggetto e Sceneggiatura: Juan Taratuto, con la collaborazione di Diego Peretti
Fotografia: Nico Hardy
Montaggio: Pablo Barbieri Carrera
Scenografie: Marlene Lievendag
Costumi: Roberta Pesci
Musiche: Iván Wyszogrod
Suono: Catriel Vildosola
Argentina, 2013 – Drammatico – Durata: 93′
Cast: Diego Peretti, Claudia Fontán, Alfredo Casero, María Casali, Eugenia Aguilar, Ariel Pérez, Rafael Solano
Uscita: 10 luglio 2013
Distribuzione: AcademyTwo

Sale: 4

 Don’t cry for me, Argentina

Eduardo non ha ancora compiuto cinquant’anni, ma non vuole più contatti con gli altri esseri umani. Ha perso la donna che amava e con lei anche l’interesse per la vita. Una chiamata però cambierà la sua esistenza, il suo ex miglior amico deve operarsi al cuore. Lui dovrà prendersi cura della sua famiglia e del suo negozio finché il suo amico non ritornerà a casa. Sarà un duro banco di prova per Eduardo, che lo metterà di fronte ai suoi demoni del passato.
Questo film si dimostra da subito sorretto da una forte e solida sceneggiatura. Il regista Juan Taratuto (vincitore del Clarin Award con Un novio para mi mujer) rende un tutt’uno le varie elaborazioni del lutto e il cammino evolutivo di un personaggio all’interno dell’arco drammaturgico. Infatti è proprio grazie all’aiuto che Eduardo è moralmente costretto a dare alla famiglia di Mario, (attenzione, spoiler!) dopo la scomparsa di quest’ultimo in seguito ad un’operazione che sembrava dover essere senza rischi, che il protagonista, una volta superato il dolore della perdita dell’amico, ritrova la possibilità di relazionarsi di nuovo con il prossimo, possibilità che aveva abbandonato e rifiutato fino a poco tempo prima, a causa del trauma subito dopo la morte della moglie. Una perdita che aiuta dunque ad esorcizzarne un’altra e, quasi sottovoce, contribuisce a far crescere quell’empatia che solo la condivisione di un dolore può donare.
Per calare tutta la storia in un’atmosfera ancora più “sospesa”, Taratuto sceglie di ambientare il film in un’Argentina che in pochi conoscono, precisamente in Patagonia, tra piccole cittadine immerse nel freddo, creando una forte atmosfera che viaggia tra protezione e malinconia. Ma paradossalmente sono proprio questi paesaggi algidi che forniscono al film un terreno ancora più fertile per far rinascere la speranza, di cui i personaggi erano stati privati all’inizio.
Naturalmente il tema del lutto non è mai facile da trattare e spesso si cade in qualche piccolo strafalcione. E’ successo anche in questo caso, dove il regista si concede forse dei lussi di troppo, come nella scena dove la moglie si fotografa davanti al cadavere del marito: l’intento di un richiamo al voler conservare una memoria indelebile è piuttosto chiaro, ma l’effetto che si ottiene è un accenno, nemmeno troppo lieve, di cattivo gusto; c’è poi un altro passaggio che non convince, non tanto dal punto di vista della messa in scena, ma piuttosto dal punto di vista della gestione degli scaglioni evolutivi del protagonista, che con un solo monologo comincia ad aprirsi col resto del mondo quasi meccanicamente; un cambiamento più graduale sarebbe stato più credibile invece di inserire un tourning point così improvviso e innaturale.
Nonostante queste imprecisioni comunque La Ricostruzione funziona bene dal punto di vista della gestione del racconto, come già accennato, rappresentando in maniera chiara ed inconfondibile ogni passo del cammino dell’eroe e rendendo ancora più chiaro quanto spesso l’accettazione di una perdita, per quanto triste, serva anche a farci evolvere come persone, rendendoci ogni giorno più forti.

RARO perché… è un film molto singolare.

Voto: 7

Mario Blaconà