Regia: Laurent Cantet.
Sceneggiatura: Laurent Cantet, Gilles Marchand.
Fotografia: Matthieu Poirot Delpech, Claire Caroff.
Produzione: La Sept Art/Haut et Court.
Distribuzione: Mikado.
Origine: Francia 1999.
Durata: 1h e 40’.
Interpreti: Frank (Jalil Lespert), il padre (Jean-Claude Vallod)
Il mondo della fabbrica, le realtà operaie: in Francia, a volte, e contrariamente all’uso italico del film, usano ancora mettere nello scrip certi “c’era una volta” che ineriscono le condizioni di lavoro e i rapporti personali e sociali, andando a sondare con il cinema i territori della “gente che produce”, le facce dietro alle quali sta la vita di tutte quelle persone che una cinica espressione coniata dal gergo aziendale liquida come risorse umane. Laurent Cantet avanza un’istanza cinematografica dissenziente da un mondo che tratta l’Uomo alla stregua di stock o di danari e cerca di recintare il film invece con il reticolato delle risorse intellettive e spirituali presenti in quelle donne e in quegli uomini che stanno dentro le fabbriche.
Il film muove le sue fila dal rapporto di un padre e di un figlio alle prese con un duro conflitto sindacale. Frank, laureato in economia aziendale, torna dai genitori per uno stage estivo proprio nella ditta dove, come operaio, vi lavora il padre. Molto presto Frank, che viene assegnato al reparto “Risorse umane”, capisce che il suo operato servirà ad un progetto di ridefinizione dell’organigramma dell’azienda che prevederà il licenziamento di un buon numero di operai, tra i quali suo padre. Un buon film, con equilibrati apporti di senso, girato con tocco sapiente da Laurent Cantet, al suo primo lungometraggio e vincitore del Premio Nuovi Registi al San Sebastian Festival.
Gianluca Mattei