RECENSIONE N.1
“Se non hai terra tua, non sei ne’ carne ne’ pesce” spiega Delmar, ultima incarnazione del genio dei fratelli Coen nel creare e raccontare personaggi sempre improbabili, sull’orlo della favola e sempre più umani, troppo umani.
I Coen si giocanno alla grande l’Odissea, tra campagne elettorali, ku-klux clan, la radio che nasce e un Ulisse più anti-eroe che mai, con due degni compari e una Penelope da cui forse sarebbe meglio girare al largo. Sempre più avanti nel negare la tirannia della narrazione, al punto da tagliar corto e passare avanti in quasi tutti gli snodi importanti, dimostrano l’apparente semplicità del fare cinema, mettendo insieme l’ultimo Lynch, il miglior Fellini e la capacità di emozionare della musica country.
Come sempre, si ride, a tratti male, a tratti con dolcezza, ma soprattutto si esce dal cinema con la sensazione di aver fatto un sano stretching al cervello, tra scatolette di brillantina che gorgogliano in acqua, mucche sui tetti e le straordinarie facce da Coen stampate negli occhi e forse nel cuore.
Mafe
RECENSIONE N.2
Anni ’30, Everett Ulisse (George Clooney) convince Pete (John Turturro) e Tim (Delmar O’Donnel) ad evadere di prigione per recuperare il milione di dollari frutto della sua rapina prima che il posto dove è nascosto venga inondato per produrre energia idroelettrica. Il viaggio sarà però irto di pericoli, vagamente ispirati, come si legge anche all’inizio del film, all’Odissea di Omero. Ma, pur inserendo veramente nel film elementi ispirati alla tradizione omerica (le sirene, polifemo), i fratelli Coen (di nuovo in coppia nelle vesti di sceneggiatore e regista dopo una lunga serie di successi) con questa ammissione vogliono probabilmente sviare il pubblico da quella che e’ la loro vera pietra di paragone. Perché “Fratello, dove sei?” e’ in realtà una parodia (o forse sarebbe meglio dire un remake?) neanche troppo velata delle avventure dei Blues Brothers. L’atmosfera scanzonata, la predominanza musicale, il “viaggio” pieno di imprevisti, la polizia all’inseguimento, sono tutti elementi che ricordano troppo, per poter essere un caso, l’avventura dei fratelli Elwood. Gli attori, come in tutti i film dei Coen (anche i loro detrattori più sfegatati non potranno non ammettere che il loro casting e’ sempre impeccabile), sono bravissimi ed azzeccati, e le musiche rimangono in mente senza riuscire ad andarsene.
La sceneggiatura e’ divertente, la fotografia ottima. Insomma,”Fratello, dove sei?” riesce in quello che “Blues Brothers 2000” non era riuscito a fare: riproporre le atmosfere e la vitalità della famosissima pellicola di Landis, senza intaccare il mito originale. E scusate se e’ poco.
Blues Brother 1930.
Graziano Montanini