RECENSIONE N.1
Affermatosi da tempo come sceneggiatore e direttore della fotografia, Garcia si cimenta per la prima volta anche nella regia di un’opera da lui stesso scritta. L’ombra di un padre di tale levatura letteraria non sembra influire sul suo lavoro, l’opera di Gabriel Garcia Marquez si indovina soltanto nei profili psicologici dei personaggi, delineati profondamente ma non stereotipati.
La pellicola tratta storie di vita al femminile, suddivise in cinque episodi intrecciati nel tempo e nello spazio, in cui si muovono elegantemente le numerose protagoniste di quella che in fondo è una storia sola, delineante i possibili punti salienti della vita di una donna moderna. Argomenti e situazioni navigano in un mare di sensazioni e sentimenti vissuti dalle protagoniste in maniera assolutamente profonda, con poche concessioni alla vena ironica delle figure femminili tipiche del cinema di Almodovar ed una maggiore attenzione alla psicologia profonda dei personaggi letterari di Marquez, in un alternarsi di commedia e tragedia dal delicato equilibrio che mantiene alta e viva l’attenzione per tutto lo sviluppo della sceneggiatura. Tecnicamente curato al limite del maniacale, il film è realizzato con grande attenzione alla fotografia, impeccabile e luminosissima, qualche piccola incongruenza spicca in maniera esagerata per contrasto con un montaggio assolutamente impeccabile; in un film meno preciso e curato questi piccolissimi nei sarebbero passati assolutamente inosservati. La colonna sonora mantiene un tono dimesso ma indispensabile a sottolineare caratteri, situazioni e intrecci della storia.
Un’opera prima assolutamente godibile, che predispone all’attesa del prossimo lavoro con occhio di riguardo verso la figura di un cineasta di ottimo livello, coadiuvato in questo caso dall’interpretazione magistrale di una Cameron Diaz assolutamente perfetta nel suo ruolo, senza la minima sbavatura.
Sergio Acerbi
RECENSIONE N.2
Il seguente e’ un parere altamente negativo.
Un inizio (? ore, forse) marcatamente lento e drammatico, una sequenza di spaccati di vita triste e sfigata classicamente ambientati a Los Angeles (dopo Altman tutta una copiatura) e (ma guarda!) intrecciati in qualche modo tra loro. Altissima prevedibilità di dialoghi, di avvenimenti, di insulsaggine maschile (solo i mezzi uomini sono veri uomini, maddai!), di imbeccate sulla vita da estranei che ti fanno fermare a riflettere nell’estrema freddezza della città americana (bleah! balle, e poi Los Angeles e’ ritratta malissimo, con una luce che non le appartiene affatto). Noioso, pretenzioso, moralistico, scopiazzato (mancava solo un classico avvenimento catartico come una pioggia di qualcosa od un terremoto). Ma magari e’ solo la presenza di Holly Hunter che mi disturba tanto….
Libetta