Regia: Patrice Chéreau
Soggetto: dal libro di Hanif Kureishi
Sceneggiatura: Anne-Louise Trividic, Patrice Chéreau
Fotografia: Eric Gautier
Montaggio: François Gedigier
Scenografie: Hayden Griffin
Costumi: Caroline de Vivaise
Musiche: Eric Neveux
Suono: Jean-Louis Lebras
Francia/G.B./Germania/Spagna, 2001 – Drammatico – Durata: 119′
Cast: Mark Rylance, Kerry Fox, Susannah Harker,
Uscita: 4 maggio 2001
Distribuzione: Mikado
Il sesso al cinema …
Il sesso al cinema è da sempre un motivo di interesse per il pubblico. Spesso l’esibizione di centimetri di pelle ha una funzione puramente coreografica e si ipotizza soddisfi la voglia di proibito dello spettatore, oppure viene utilizzato come specchietto per le allodole, per attirare l’attenzione laddove altrimenti non cadrebbe. Ci sono anche casi, però, in cui la nudità diventa un’urgenza e forse il solo modo per comunicare una propria visione delle cose. E sono i casi in cui si crea un confronto tacito, dove le immagini e i dialoghi sono in grado di raccontare quello che spesso la vita reale tende a dare per scontato, quando scontato non lo e’ affatto, seguendo il motto “si dice ma non si fa”. Oppure “si dice e si fa”, per liberarsi da vecchi e oppressivi tabù, ma quasi mai si fa vedere. Questo pudore che permea l’intimità del sesso non si ha con altri momenti molto intimi, come la morte ad esempio, che spesso viene scandita e dettagliata fino all’inverosimile.
Il film di Patrice Chereau ha il pregio, non indifferente, di dare alla sessualità il suo spazio naturale, mostrando quello che chi fa l’amore, o semplicemente sesso, molto naturalmente vive e vede. E non sembra esserci nessuna provocazione in questo, ma un’accettazione della normalità che il più delle volte il cinema, riflesso della cultura, tende a nascondere. In Intimacy, un uomo e una donna comunicano attraverso il loro corpo, e nel momento in cui le parole sostituiscono la loro fisicità non riescono a mantenere lo stesso magico equilibrio. Il film comincia in modo molto forte, rendendo la presenza dello spettatore quasi un di più che viola l’intimità di due persone, ma il regista riesce a trasmettere con molta concretezza l’incontro di due corpi e di due anime. Quando il mistero che avvolge i protagonisti pian piano si dissolve, e cominciano a chiarirsi le motivazioni e le diverse aspettative dei personaggi, il film perde però un po’ di interesse, anche a causa di dialoghi molto più letterari e allusivi delle immagini.
Anche i personaggi secondari non sono così stimolanti da giustificare un ripetuto soffermarsi sulle loro azioni, che rischia infatti di distogliere dall’intensità del rapporto tra i due protagonisti. Certo, e’ un tentativo di rappresentazione della normalità che circonda i personaggi, ma il cinema ha il potere di rendere enorme e universale anche il più minuscolo dettaglio, mentre già la scelta di un ambiente un po’ “off”, con un protagonista più “borderline” che comune, rischia di caricare la normalità di sfumature particolari e depistanti.
Su tutto, pesa l’aria greve con cui i personaggi affrontano il loro destino, ma questa e’ forse una questione di diversa sensibilità personale e non inficia la forza del film. Forse incide però sulla sua efficacia a livello emozionale, lasciando un po’ freddi: dentro ai personaggi, ma lontano, da qualche parte nel buio della sala.
Luca Baroncini de “Gli Spietati”.