Due storie si sviluppano in parallelo a più di un secolo di distanza.
Una si riferisce a un sanguinoso fatto di cronaca avvenuto intorno al 1870 in un piccolo villaggio sulle coste del Maine. L’altra si svolge ai giorni nostri, negli stessi luoghi, durante una mini-crociera in cui una fotoreporter deve fare un servizio sul fatto di cronaca accaduto nel passato.
A sei anni da “Strange days”, Kathryn Bigelow torna con un film dove il talento visivo si esplica in una sorta di noir cerebrale, in cui l’adrenalina delle scene d’azione e’ sostituita dall’introspezione dei personaggi. Non e’ un caso, quindi, la citazione da “Il coltello nell’acqua” di Polanski, con i protagonisti riuniti intorno a un tavolo sottocoperta per giocare a “shangai”. Dietro la complicità del gioco, si celano infatti pulsioni e stati d’animo ambigui e non risolti.
La narrazione – pur nella sua frammentazione con addirittura flashback nei flashback (alcuni persino falsi) – risulta appassionante e il senso di tragedia che permea il legame tra le due storie, carica la visione di un senso di morte e vita fusi insieme in un indissolubile binomio. Uno stato d’animo incerto dove la tenerezza e la rabbia hanno radici comuni, ma si evolvono verso strade differenti e razionalmente inconciliabili.

La storia ambientata nel passato ha una progressione tutto sommato lineare e chiarisce in modo dettagliato le motivazioni dei personaggi. Quella nel presente, invece, dietro le parole e i semplici accadimenti, e’ sempre allusiva. Questo aspetto, pur nella sua oscura potenza, può disturbare un po’, anche perché alcuni sviluppi delle dinamiche affettive e psicologiche dei personaggi, vengono volutamente taciuti al pubblico. Il disorientamento che questa scelta produce, pur spiazzando, ha però un interessante aspetto terapeutico che riconduce alla natura catartica del cinema, in cui entrare nelle storie di altri permette di capire aspetti di se stessi. I tasselli mancanti nella vicenda, infatti, derivano dal sottile filo emozionale che lega il nostro inconscio e che la logica non e’ in grado di spiegare. E tuffarsi nelle pieghe del non detto produce comunque, al di la’ degli enigmi della vicenda, una stimolante occasione di confronto.

Luca Baroncini de “Gli Spietati”