Recensione n.1

In bilico tra “Helzapoppin” e “Delicatessen”, de la Iglesia propone un divertente thriller dallo humor nero “addomesticato” rispetto a quello che rimane il suo capolavoro: “Acción mutante”. In questa pellicola, infatti il regista perde in parte il suo smalto graffiante e intensamente umoristico per confezionare un prodotto concepito probabilmente per un pubblico piu vasto, citando marcatamente il padre di ogni thriller Alfred Hitchkock fin dai titoli di testa, evidentemente ispirati a “Vertigo”.

L’inizio è rutilante, con la macchina da presa apparentemente appesa ad un dirigibile che la trascina in una vertiginosa impennata, degna del migliore Oliver Stone, a presentare il teatro delle vicende.Il concetto di comunità condominiale sembra mutuato dall’ottimo “Delicatessen” di Junet e Caro, con motivazioni decisamente diverse, ma con lo stesso concetto di base a creare situazioni umoristiche; pur non essendo la miglior espressione della vena thriller-comica del regista, rappresenta forse il suo piu gravoso impegno tecnico, ma il giudizio è limitato ai tre soli film distribuiti in Italia da lui diretti, in cui il punto di vista delle scene piu movimentate è spesso sorprendente, innaturale e proprio per questo affascinante.
Nel complesso, gli intrecci comici della vicenda si dipanano nei giusti tempi, puntuale arriva l’immancabile citazione della trilogia che deve aver segnato in bene o in male la sua infanzia, “Guerre Stellari”, e l’umorismo nero con cui il tutto è condito appare evidente e diverte il pubblico dall’inizio alla fine: si esce però con la strana sensazione di non aver visto ciò che realmente il regista è in grado di fare, soprattutto se si conoscono “Acción mutante” e “El dìa de la bestia”.

Sergio Acerbi

Recensione n.2

I vicini di casa hanno da sempre accompagnato le storie raccontate al cinema. Ogni tanto come confidenti e amici, ma il più delle volte come invadenti, ficcanaso o addirittura pericolosi assassini. Non e’ quindi una novità scoprire il lato oscuro di chi ci abita accanto. Anche se non e’ questo il tema del film “La comunidad” dello spagnolo Alex De La Iglesia. Il microcosmo del condominio e’ infatti più una metafora dell’avidità umana, pronta a superare qualsiasi limite morale davanti alla possibilità di mettere le mani su un bel po’ di soldi in grado di cambiare la vita. Ma forse non e’ nemmeno questo il tema del film. I caratteri dei personaggi e le situazioni, sono infatti costantemente sopra le righe e non ci sono elementi di apparente normalità con cui confrontarsi. Si può quindi giungere a pensare che il film punti solo a raccontare una storia dalle premesse pungenti in modo divertente. Ma anche in questo caso il risultato e’ solo in parte raggiunto. E’ molto difficile infatti, con un taglio grottesco, riuscire a conciliare il paradosso con il cinismo e il dramma con l’ironia. In un film come “La legge del desiderio” di Pedro Almodovar, ad esempio, c’e’ spazio per il melodramma, la trasgressione, la tragedia, l’ironia e il divertimento e ognuna di queste emozioni e’ parte di un tutto in cui i vari elementi sono calibrati con equilibrio. Alex De La Iglesia, invece, sembra puntare quasi esclusivamente sulle sensazioni forti, e se all’inizio si sta al gioco volentieri, dopo un po’ l’eccesso diventa routine e non stupisce più.
Questo non impedisce al film di essere divertente e di lasciarsi seguire con partecipazione, grazie anche all’interpretazione degli attori e alla trascinante colonna sonora, ma limita il coinvolgimento alla sola visione senza lasciare strascichi, ne’ emotivi, ne’ di riflessione, ne’ di ironia.

Luca Baroncini de “Gli Spietati”

Recensione n.3

De La Iglesia fa flop con questa nuova pellicola. LA COMUNIDAD è una commedia nera che sfocia nel grottesco, e al tempo stesso una parodia di se stessa. Peccato che le buone intenzioni del regista vengano disintegrate da un’esecuzione che lascia alquanto perplessi.
Iniziamo dalla sceneggiatura: non è mai facile trovare spunti originali per parlare del denaro, del Dio denaro, dell’avidità delle persone di fronte ad esso, e in questo caso non ci troviamo di fronte a qualcosa di NUOVO, ma De
La Iglesia cerca di mascherare questa “mancanza” con diverse soluzioni, a partire dall’umorismo che permea ogni inquadratura. Tenta in questo modo di non prendersi sul serio, e ci riesce. Il vero dilemma risiede nell’umorismo in sè, mai divertente nè pungente, cosicché quella che doveva essere una commedia nera diventa una commedia dal gusto un pò macabro – con un paio di sequenze gore niente male -, ma senza veri acuti.
Accentua questo problema la verbosità dei dialoghi, seriamente insopportabili superata la metà del film, i quali non sopperiscono in alcun modo allo sprofondare del ritmo e della concentrazione dello spettatore. Ed è proprio il calo di ritmo il sintomo evidente di una mancanza di ispirazione e di inventiva da parte del regista: De La Iglesia gira a vuoto, la messinscena è terribilmente statica e bambinesca, il suo virtuosismo è rinchiuso dalla voglia di esporre il proprio cinismo – di maniera – e la satira – che fa al massimo il solletico – , e quando esce fuori – nella bellissima sequenza dell’inseguimento – ci si accorge che per un’ora e mezza è stato nascosto.
Da tutto questo se ne ricava una narrazione stancante, prolissa, senza nerbo, ridondante del suo auto-compiacimento. Siamo a metà tra THE TENANT di Polanski (i vecchi condòmini dal comportamento stralunato e inquietante) e DELICATESSEN di Jeunet&Caro (l’atmosfera grottesca e fumettistica), ma LA COMUNIDAD non possiede nè l’umorismo graffiante e perverso del primo, nè il fascino stilistico del secondo. Solo un banale pastiche e oltretutto poco divertente. Rimane perciò un film al limite del carino, vedibile ma noioso, ideale per i vecchietti che vanno il mercoledì pomeriggio al cinema. Niente di più.

Andrea D’Emilio

Recensione n.4

Alex de la Iglesia è un regista a dir poco eccentrico. Solitamente senza un minimo senso della misura (“Azione mutante”, “El dia de la bestia”), sposa il kitch più estremo, realizzando dei film che stanno a metà tra una baracconata ed un’esibizione circense. Il trash elevato a forma d’arte. Ok, forse ho esagerato. Diciamo allora “il trash elevato ad opera cinematografica”. Questa volta, invece, si è dato una calmata. Una bella calmata. Volendo ironizzare sul cinema di maestri come Hitchcock e Polanski, mette in piedi una commedia permeata da un umorismo nero e caricaturale, con personaggi biechi, senza alcuna dignità. Sembrano uscire direttamente da film come “Delicatessen” di Jeunet e Carò, ma epurati di ogni vezzo poetico. Insomma: brutti, sporchi e cattivi.

DA TENERE: La maestria nella direzione degli attori; il regista opta per una recitazione “urlata”, con pochissime sfumature concesse solo alla bravissima Carmen Maura. Tutti gli altri attori sono sopra le righe, e tutti sono di evidente estrazione teatrale. Ecco il film, se non fosse per qualche cosa di difficile attuazione, potrebbe tranquillamente comparire sulle tavole di un palcoscenico.

DA BUTTARE: L’ambientazione risulta talvolta soffocante, claustrofobica, ma di certo era nelle intenzioni del regista.

NOTA DI MERITO: La capacità tecnica di Alex de la Iglesia è fuori discussione: è spagnolo, nostro vicino di casa, ma lontano anni ed anni da noi. Guardate come muove la macchina da presa e capirete.

NOTA DI DEMERITO: In fondo il film è solo un giocattolone, buono per farsi due perfide risate e poco più. Ma d’altronde mica chiediamo di vedere sempre dei capolavori, no?

Ben, aspirante Supergiovane