Una ragazza sanguinante si trascina lungo una strada alberata e raggiunge un’elegante scuola in stile vittoriano. In questa prima sequenza, inframmezzata dai bei titoli di testa, e’ riassunto il
principale difetto del film: la mancanza di credibilità. Difetto che riguarda, alternativamente, sia alcune approssimazioni nella messa in scena che parecchi buchi logici nella sceneggiatura.
Il tema dominante e’ quello dell’ossessione amorosa ed e’ sicuramente l’aspetto più interessante del film, mentre la virata thriller, pur funzionando sul piano della tensione, vede la maggior parte delle situazioni risolversi in modo più meccanico che verosimile. Inoltre la narrazione, pur intrigante per i continui cambi del punto di vista della vicenda, gioca sporco, perché priva lo spettatore di informazioni di cui tutti i personaggi sono a conoscenza. Il risultato e’ una crescente sensazione di gioco, in fondo divertente, ma assai fine a se stesso, in cui l’effetto sembra prevalere sulla causa. L’unico personaggio motivato e sfaccettato e’ quello della protagonista, a cui Thora Birch (non sempre diretta a dovere) presta il suo viso fresco ed enigmatico, mentre gli altri ruoli non escono dai confini dello stereotipo: ragazzotti belli, ricchi e sciocchi, come nella maggior parte degli horror americani degli ultimi anni a target teen-ager.
“The hole” mescola quindi alcuni ingredienti sempre più frequenti nelle recenti produzioni cinematografiche: la mancanza di valori in cui credere, l’assenza della famiglia nella crescita dei figli (bella ma poco credibile, al riguardo, l’immagine della madre della protagonista sempre in lontananza), il trionfo dell’apparenza e un tocco horror che non guasta mai. L’insieme si lascia seguire, ma bandito ogni approfondimento sociologico, il thriller mostra presto la corda. Resta una domanda: l’arte imita la vita o piuttosto impone modelli artefatti spacciandoli per veri?

Luca Baroncini