Il mondo della danza e’ in continua evoluzione e nuove mode sono sempre pronte a invadere discoteche e palestre per creare tendenze che il più delle volte non durano più di una stagione. Chi parla più ormai di break-dance? Eppure negli anni ottanta si trattò di un vero e proprio fenomeno di costume che ispirò anche due film ufficiali e svariati cloni. Il 2000 segna invece il trionfo dell’hip-pop, lontano parente meno acrobatico e piu’ molleggiato della break-dance. E’ curioso notare come i film ispirati al ballo vedano cambiare la tecnica e i movimenti dei ballerini, ma non modifichino di una virgola alcuni clichè narrativi che può essere interessante e divertente riassumere:
– avete mai visto un ballerino ricco e talentuoso sfondare? E’ molto difficile, perché l’agognato traguardo (in genere concorsi o ammissioni a scuole prestigiose) spetta di diritto a chi ha origini umili e qualche tragedia familiare alle spalle
– difficile che entrambi i genitori riescano ad assistere al debutto del figlio sul palco, solo agli orfani sembra aperto il mondo del ballo professionale
– non manca quasi mai una storia d’amore, il più delle volte contrastata, e le rivalità affettive si combattono solo ed esclusivamente a passo di danza
– se il/la protagonista balla per i fatti suoi in un locale pubblico, dopo un po’ gli/le si forma intorno un cerchio di persone entusiaste, con il tipico effetto capannello
– di solito il/la protagonista vive in un bugigattolo, ma per esercitarsi nel ballo riesce sempre a trovare un appartamento sfitto o una fabbrica abbandonata
– l’audizione, poi, ha un copione tutto suo: in genere comincia con un errore del/della protagonista che si convince di non potercela fare.
In una una manciata di secondi, però, avviene una miracolosa presa di coscienza a cui segue la certezza di sfondare. La commissione esaminatrice, persa nel buio di un teatro vuoto, vede almeno un giudice, con occhiali sulla punta del naso, passare da un’espressione austera a incontenibili sorrisi.
Ecco, “Save the last dance” non risparmia nemmeno uno di questi luoghi comuni, ma nonostante l’assoluta prevedibilità ha dalla sua una certa freschezza, dovuta in gran parte alla espressiva protagonista Julia Stiles: per una volta un viso interessante e un fisico armonioso lontano dai canoni di perfezione a cui ci siamo convinti di dover assomigliare. L’unica vera idea del film, però, e’ quella di un parallelo tra la storia d’amore e il ballo. In entrambi i casi si tratta di una contaminazione: da una parte una bianca e un nero che devono superare la diffidenza di un razzismo al contrario (trovata non certo originale ma comunque credibile); dall’altra il ballo classico che incontra il ritmo dell’hip-pop. Un modo non urlato per invitare ad aprirsi a ciò che appare diverso. La lezione, qui in salsa teen-ager, non appare indigesta, grazie anche ad una realistica ambientazione invernale nei quartieri poveri di Chicago che contribuisce a smussare, senza esagerare ovviamente, gli angoli della favola.
Luca Baroncini