Dall’ “off-Broadway” al grande schermo il passo puo’ essere breve. Cosi’, almeno, e’ stato per il musical di John Cameron Mitchell, che ha seguito anche l’adattamento cinematografico interpretando il protagonista, scrivendo la sceneggiatura e curando la regia.
Una sorta di “one-man show” che racconta, attraverso un riuscito amalgama di canzoni, la vita di Hansel, bambino della Germania dell’Est, e la sua evoluzione in Hedwig, dopo una malriuscita operazione effettuata da un podologo per togliere il peso di una sessualita’ subita e non sentita.
La cosa che piu’ colpisce del film e’ la capacita’ dell’autore di raccontare una storia attraverso pagine di cinema affiancate in modo fluido e fantasioso. La narrazione procede in modo non lineare riepilogando i punti salienti della vita di Hedwig in una sorta di confessione pubblica della sua vita. Proprio come molti artisti che nelle performance live trasmettono il loro modo di essere. Ed e’ quello che appunto fa Hedwig: cantare la sua rabbia attraverso canzoni rock dai testi molto poetici e diretti. Canzoni che vengono ignorate dallo scarso pubblico degli asfittici e inadeguati bar della provincia americana in cui si esibisce, ma che arrivano dritte al cuore dello
spettatore. Indimenticabile e struggente, al riguardo, “The origin of love”, che spiega, grazie anche all’ausilio di un cartone animato tanto semplice quanto efficace, la vera ragione per cui l’uomo e’ costretto ad amare. Indipendentemente dal successo che il pubblico decretera’ al film,
“Hedwig” trovera’ accesi sostenitori e ha tutte le carte in regola per diventare oggetto di culto.

Luca Baroncini