Scherzi del tempo ne avevamo visti già molti. Ma il tema ha fascino da vendere e il cinema può permettersi di riproporlo ciclicamente con le varianti necessarie. L’idea di un uomo dell’Ottocento che si ritrova ai giorni nostri e si confronta con persone e stili di vita odierni rimane buona, ma va detto fin da subito che poteva essere sfruttata assai meglio. Potevano nascerne una decina di film differenti fra loro e spunti narrativi sufficienti per ore di pellicola. Kate e Leopold è solo una delle letture possibili: una lettura aproblematica, indifferente alla verosimiglianza, indubitabilmente molto superficiale. La scelta programmatica di una pellicola di pura evasione che sfrutta bizzarria e romanticismo per far ridere e sognare, ma nulla più, appare chiara fin dalle prime sequenze. Il volo dal passato al presente avviene repentino e resta quasi del tutto privo di spiegazioni (logiche o illogiche). Non sapremo mai come lo scienziato (ma è davvero uno scienziato?) è giunto a scoprire un varco nel tempo e come ne conosce la durata. La vittima stessa, il nobiluomo, attraversa pochi attimi di vago stupore, dopo i quali accetta senza troppi problemi l’idea di essere finito avanti nel tempo di oltre un secolo. Di più: fatta eccezione per qualche disavventura col tostapane è proprio lui la persona che sembra trovarsi più a suo agio nel 2001. Il che, per quanto inverosimile, almeno rappresenta benissimo come i legittimi abitanti di questi tempi li vivano con disagio e disorientamento.
I rapporti con gli altri ed il mondo del lavoro sono talmente stressanti da far sentire estranei alla propria realtà. La conseguenza, non originale ma sempre valida, è il desiderio di una fuga dal proprio tempo. Per questo l’Ottocento appare un lido paradisiaco, per ritmi più umani, rapporti più cortesi, codice di comportamento. Ovvio che si tratta di una fantasia infantile, ma per molti versi condivisibile. Soprattutto guardando l’insensato adoperarsi di Kate al lavoro, costretta ad inseguire una promozione e a monitorare le reazioni del pubblico ad uno spot per una pessima margarina. Se si accetta di non chiedere al film quel che non vuole dare in termini di realismo ed approfondimento, resta uno spettacolo godibile. Inaspettatamente i momenti più riusciti non sono quelli legati alla storia d’amore fra i protagonisti, bensì quelli brillanti. Tra una frecciatina alle assurdità cui ci costringe il progresso ed un paradosso ridicolo, il film scorre divertente. Più ordinari i momenti sentimentali: per una storia che si propone come trionfo del romanticismo nulla è particolarmente degno di nota se non il fascino indiscutibile dei modi cortesi e del corteggiamento all’antica.
Meriti non trascurabili vanno riconosciuti al protagonista Hugh Jackman: validissimo mattatore delle sequenze comiche (grazie anche ai comprimari) e perfetta personificazione del sogno femminile, si dimostra anche un bravo attore. Non c’è dubbio che questo personaggio irreale ed elegante risulterà molto utile alla sua annunciata ascesa. Niente di strano quindi se l’eroina di questo genere cinematografico si vede rubare spesso la scena. Meg Ryan non offre una interpretazione inferiore alle precedenti, ma il ruolo, che non le permette certo moltissimo, non fa che sottolineare l’avvicinarsi dei limiti di età per ogni fidanzatina incallita. Vale la pena ricordare che se le insonni d’amore hanno, purtroppo per lei, un’età, le Sally ironiche e bizzarre non ce l’hanno. Niente della genialità spumeggiante di Ritorno al futuro, quindi nonostante lo spunto, ripreso, del presente che cambia e quello delle fotografie), né delle implicazioni sociali non banali di L’uomo che visse nel futuro. Solo qualche risata e qualche sospiro in compagnia di un bel cast in confezione glamour.
Oboo (da IAC)