Il ruolo sociale attraverso il possesso di un oggetto.
E’ così che Xiaoshuai ci comunica la Pechino d’oggi… o forse di sempre. Puoi lavorare se hai una bicicletta, e puoi farti accettare dagli amici se ne hai una.
Anche avere una ragazza può dipendere da quest’oggetto. O almeno questo è ciò che pensano i protagonisti del film; ragazzi il cui destino è unito da un velocipede, per il quale si battono, si picchiano, e diventano amici.
Rubano, mentono, ma soprattutto lottano contro tutto e contro tutti, con una determinazione che sta tutta in quel pianto disperato, aggrappato ad un telaio.
Due ruote per appartenere ad una società che corre più veloce, e che non ammette perdenti. E un destino che, si accanisce contro i più deboli, con la violenza che si manifesta in quel distruggere a calci, un corpo di metallo.
Ancora una volta il cinema cinese dichiara la povertà che la divora, e la forza degli ideali, che riescono a sopravviverle.
A tal proposito va citato il bellissimo “One Hundred” di Teng Huatao, dove una coppia di adolescenti lotta per affermarsi come poliziotti. Indimenticabile la scena finale con un lunghissimo piano sequenza, che li segue in un’interminabile corsa per le vie della città. “Subito capii che i miei genitori mi odiavano: i miei giochini per il bagnetto erano un tostapane e una radio”.
Le biciclette di Pechino

Maggie