Recensione n.1
Tolti i riferimenti alla New York e alle atmosfere di Woody Allen (il troppo stroppia), il film e` godibilissimo. La storia di Jessica Stein, in carriera, figlia non praticante di ebrei newyorkesi, remotamente attratta dal suo capo, che per sbaglio risponde all’annuncio personale di una lesbica, tutto sommato regge bene; e il film si dimostra in piu` di un’occasione un buon terreno di coltura per riflessioni su pregiudizi striscianti, convenzioni di cui ci si crede liberi e, infine, sulla natura dell’amore. So di colar miele come un favo dicendo queste cose ma e` proprio cio` che fa il film. Ma e` miele di cui si e` consapevoli, ed e` somministrato in maniera perfetta. Tolto un episodio insopportabile del finale, quindi, un film che non delude. Nota a margine: continue, insisitite inquadrature (poco funzionali) dello skyline di NY, ormai *privo* delle torri. Personalmente trovo il fatto piuttosto fastidioso, una sorta di esorcismo che ci si poteva risparmiare.
Claudio Castellini
Recensione n.2
Il turbinio e le luci di New York, le tradizioni della famiglia ebrea, dialoghi scoppiettanti e pieni di balbettii, musica jazz di sottofondo. Sembrano gli ingredienti di un film di Woody Allen, invece si tratta dell’opera prima di Charles Herman Wurmfeld, che dirige un progetto sostenuto con ostinazione da Heather Juergensen e Jennifer Westfeldt, interpreti, sceneggiatrici e produttrici del film. Nulla di nuovo nella descrizione delle nevrosi della middle-class alla soglia dei trent’anni. Molte delle situazioni proposte, infatti, pescano sa un immaginario (soprattutto cinematografico) a cui siamo piu’ che abituati: lo spettro del matrimonio come “must” sociale, la rapida successione degli uomini contattati e poi scartati dalla protagonista, la mamma invadente, petulante ma saggia e lungimirante, la nonna arzilla e caustica, la collega di lavoro bruttina ma curiosa e comprensiva, l’ex-amore che torna a far battere il cuore. L’unico aspetto davvero originale e’ la leggerezza con cui viene affrontato il tema dell’omosessualita’, questa volta femminile. Nessun integralismo nel dimostrare che un sesso e’ per forza meglio dell’altro, nessun invito esplicito alla tolleranza, nessun trauma emotivo o dilemma morale da superare a causa della scelta effettiva. Il film va oltre, dando tutti questi passaggi per scontati o non necessari e si sofferma invece su una storia d’amore, nata quasi per caso, che si infiamma per poi intiepidirsi, come mille altre storie d’amore. Questo taglio maturo, unito alla verve dei dialoghi (solo un paio, pero’, le battute fulminanti) e alla credibilita’ delle due protagoniste, conferisce al film una certa freschezza che lo distingue da altri prodotti similari e piu’ ambiziosi. Niente approfondimenti o dettagliate analisi psicologiche, quindi, ma una piacevole commedia che, come si gusta, si dimentica in fretta.
Luca Baroncini