Negli anni ottanta andavano per la maggiore le barzellette multietniche (“c’e’ uno spagnolo, un inglese, un italiano e un americano …”) che terminavano invariabilmente con l’italiano che faceva la figura del pirla. Dimenticando i preconcetti geografici e, anzi, giocando con essi, Cedric Klapisch (regista dell’interessante “Ciascuno cerca il suo gatto”) dirige un’ottima commedia sull’Europa unita. Il giovane protagonista, infatti, aderisce al progetto universitario “Erasmus”, lascia la Francia per studiare un anno a Barcellona e finisce in appartamento con due ragazzi, un danese e un tedesco, e tre ragazze, un’inglese, una belga e una spagnola.
Il film segue il suo percorso ben delineando tutti i dubbi della partenza e le scoperte, le delusioni, le scelte, conseguenti alla nuova vita dai ritmi latini. Finalmente un lungometraggio che parla diretto, affrontando l’oscuro mondo giovanile senza facili moraline basate sul successo e la competizione, ma approfondendo con semplicita’ e ironia il punto di vista emotivo del protagonista davanti a un’esperienza nuova. Nessun bello e impossibile che deve lottare per farcela dimostrando al mondo quanto e’ bravo, ma un gruppo di ragazzi, alcuni interessanti, altri meno, alla ricerca di una realizzazione personale. Uno degli aspetti piu’ significativi del film e’ che non tipizza i personaggi rendendoli simbolici, ma li personalizza rendendoli vivi. Nessuna conclusione universale da applicare a tutti gli universitari, quindi, ma una storia che racconta i destini incrociati di alcune persone e di loro soltanto.
Scritto con verve, diretto con estro, semplicita’ e grande senso del ritmo, recitato con spontaneita’, il film non affronta tutte le possibili problematiche delle situazioni proposte (dei problemi economici, ad esempio, non si parla quasi mai), abbozza situazioni che poi non risolve (il figlio inaspettato del danese) e rischia piu’ volte la superficialita’ (la scelta finale del protagonista), ma si gusta come una boccata d’ossigeno nella mortifera rappresentazione giovanile contemporanea. Una sorta di “ehi, c’e’ dell’altro!” che puo’ dare la carica o avvilire a seconda del proprio vissuto e delle proprie ambizioni. In ogni caso un punto di vista importante con cui confrontarsi. Scellerato il doppiaggio italiano che, pur non tradendo lo spirito della versione originale (gli stranieri non parlano tutti in italiano), ne svilisce con grossolanita’ le implicazioni. Viene infatti eliminata completamente la lingua francese e sostituita con l’italiano. Scelta che vanifica tutti gli sforzi del protagonista e la sua evoluzione linguistica e che costringe la ragazza inglese a parlare come Stanlio (neanche Heather Parisi lo fa piu’), quando invece cerca di relazionarsi in francese. Perche’ non sottotitolarlo interamente? L’unico italiano, comunque, fa la figura del pirla!!!
Luca Baroncini