La divertente commedia si inserisce nel fortunate filone di film britannici sull’integrazione razziale (uno per tutti “My beautiful laundrette”), con la particolarità che la protagonista è una ragazza che affronta l’ottusità e il bigottismo familiare ad un duplice livello. Realizzare il sogno di diventare una calciatrice (professione ritenuta maschile) e legarsi sentimentalmente all’uomo del cuore anche se non indiano. I pregiudizi abbondano anche tra i bianchi: la madre inglese della sua migliore amica, sospettando un legame omosessuale, sbotterà malamente proprio durante il matrimonio della sorella di lei. Quasi a dire che tutto il mondo è paese,
soprattutto quando si tratta di pregiudizi, siano essi razziali, religiosi o sessisti.
Il film scorre rapido e leggero lungo tutte le due ore, strappando più di un sorriso se non addirittura una sonora risata. In realtà il tema è proprio l’emarginazione di cui è caduto vittima anche il giovane e attraente allenatore della squadra femminile, irlandese appunto. Ma anche il padre di Jess, a suo tempo, ha dovuto riporre nel cassetto i suoi sogni a causa dei pregiudizi razziali di cui era diventato bersaglio. E sarà proprio lui a incoraggiare la figlia a non sprecare la propria vita e a combattere per ottenere ciò che vuole.
Forse perché oggi noi donne non vogliamo rinunciare a nulla, né alla carriera né alla realizzazione affettiva, il film coglie nel segno entusiasmando il pubblico, a cui scappa un applauso sui titoli di coda. E poi il tutto regge grazie alla disinvolta regia che non annoia mai, alla bravura e naturalezza degli interpreti, alla cura con cui sono ricreati i costumi e le ambientazioni “etniche”, alle scelte musicali sempre puntuali e coinvolgenti. Usciamo dalla sala pieni di entusiasmo. Forse è solo un sogno, ma è bello pensare che se una persona è brava e molto motivata può riuscire ad ottenere davvero quello che desidera.
Mariella Minna