A Robert Zemeckis, Gilbert Adler e Joel Silver, titolari della società Dark Castle, dobbiamo due recenti remake di film di William Castle: l’interessante “Il mistero della casa sulla collina” e il per nulla riuscito “I tredici spettri”. Quest’ultimo porta la firma di Steve Beck, abile creatore di effetti speciali ma non di suspence, che torna ad occuparsi di fantasmi, sempre sotto l’egida della Dark Castle, dirigendo il nuovo “Ghost Ship”. Non più una casa in cui perdersi, ma un luogo ugualmente claustrofobico: il relitto di una grande nave da crociera scoperto da un equipaggio specializzato nel recupero di tesori sommersi. Nessun luogo comune del genere ci viene risparmiato: il fantasma di una bambina di bianco vestita, la tensione di un luogo chiuso che amplifica la portata dei conflitti, i “buh!” improvvisi, l’impossibilità di fuga, la progressiva decimazione dell’equipaggio. L’insieme, non certo originale, è però orchestrato con ritmo e adeguate soluzioni visive (il flashback che ricostruisce lo sterminio avvenuto sulla barca nel 1962). Pur non riuscendo nell’intento di spaventare, funziona a dovere come puro intrattenimento. Ottima la sequenza iniziale, in cui le note di “Senza fine” di Gino Paoli, cantate da una sensuale vamp vestita rosso fuoco (nelle intenzioni italiana, ma tradita dalla pronuncia all’americana “sendza”), accompagnano la fantasiosa carneficina gore del prologo. La narrazione prevede che il transatlantico protagonista sia italiano e per il pubblico nostrano sarà divertente notare i dettagli all’interno della nave, non sempre curati alla “perfezione” (vedi la targhetta “cabina di capitano”). Cinema non certo di sfumature quindi, privo di retrogusto e determinato a catturare l’attenzione dello spettatore attraverso il ritmo dell’azione. Se si sta al gioco non ci si annoia.
Luca Baroncini