(Spirited Away)
Regia: Hayao Miyazaki
Sceneggiatura: Hayao Miyazaki
Musiche: Joe Hisaishi
Montaggio: Takeshi Seyama

Recensione n.1

La città incantata, Orso d’Oro a Berlino nonché Oscar come miglior film d’animazione, è la storia di formazione di Chihiro, bambina viziata e capricciosa che, per uno strano scherzo del destino, si troverà catapultata in una realtà insidiosa e onirica e dovrà coraggiosamente affrontare mostri e spettri, fino a raggiungere la fiducia in se stessa. Film d’animazione del maestro giapponese del genere, Hayao Miyazaki, la pellicola proietta lo spettatore in una prospettiva infantile, costringendolo a provare quella paura che ha costellato l’infanzia di tutti. Con trepidazione, seguiamo le avventure della piccola Chihiro che, staccatasi dai genitori, impara a conoscere le proprie forze e immancabili debolezze in un mondo di rara bellezza ma anche di straordinaria pericolosità.
Sin da subito incontrerà un alleato altrettanto giovane, il solo apparentemente ambiguo Haku, che sarà la sua guida spirituale nel nuovo mondo di cui ha varcato le soglie. Il male è rappresentato da Yubaba, signora malvagia della città che trova però nella sorella gemella, Zeriba, un adeguato completamento. Non manca il tema dell’ecologia, con lo spirito del fiume, o del Dio Denaro, a cui appariamo ormai esserci asserviti tutti. Infiniti gli spunti di riflessione, benché sia necessario anche abbandonarsi alla bellezza delle immagini e alla fantasia delle continue invenzioni per godere appieno dello spettacolo che ci viene così generosamente offerto.
Lo straordinario commento musicale di Joe Hisaishi ci accompagna mano nella mano in un lungo sogno che divertirà ed emozionerà i bambini ma non mancherà di commuovere gli adulti. Ottima la qualità dei disegni, a tratti così simili alla realtà e in altri momenti così evocativi e fantastici: il viaggio in treno della piccola Chihiro, forse, il momento di climax estetico. L’acqua, simbolo dell’utero materno ma anche dell’eros, che tutto ricopre. Il volo dei giovani amanti su tutte le cose. Consigliato a chi vorrebbe la fantasia al potere!

Mariella Minna

Recensione n.2

È un percorso onirico quello compiuto dalla giovane protagonista del nuovo film del maestro giapponese Miyazaki Hayao. Una sorta di viaggio nell’inconscio reso necessario dal difficile passaggio dall’infanzia all’adolescenza, in cui un mondo interiore, ricco di speranza, si scontra con la concretezza della vita. Un cammino che rischia di essere a senso unico se non si hanno la forza e la capacità di prendere in mano la propria esistenza, assumendosi responsabilità, facendo scelte, anche dolorose, non tradendo il proprio istinto e le proprie intuizioni ma anche non cedendo alle trappole dell’illusione. È la purezza dello sguardo a salvare ripetutamente la piccola Chihiro, a consentirle di aggiungere tasselli al suo lungo e difficile percorso iniziatico. E lo spettatore accompagna la protagonista nel suo viaggio incontrando divinità a riposo, streghe macrocefale, lupi volanti, escrementi animati e mostri di ogni foggia. Un universo fantasioso e colorato, curato visivamente fin nei minimi dettagli, dove la narrazione procede in modo razionale, seguendo le varie prove subite dalla protagonista, ma si scontra con l’irrazionalità degli eventi che si succedono, proprio come in un sogno, senza rispondere apparentemente ad alcuna domanda.
La visione affascina senza riuscire sempre a conquistare, ma le varie tappe del viaggio di Chihiro danno la sensazione di essere stati testimoni di un punto di vista prezioso. C’è una sorta di immedesimazione con il mondo onirico della protagonista. Un’identificazione che non nasce da appigli reali, ma si lega probabilmente a un vissuto emotivo che tutti, invariabilmente, abbiamo respirato nei confusi anni dell’adolescenza, in cui bene e male cercavano risposte assolute e non si accontentavano di convivere.

Luca Baroncini

Recensione n.3

° Chihiro è una ragazzina che si sta trasferendo coi suoi genitori: con la macchina sbagliano strada e si trovano di fronte a un tunnel oscuro. Lo percorrono e si trovano in una città fantasma: gli adulti, affamati, iniziano a mangiare delle leccornie e si trasformano presto in maiali da ingrasso. Chihiro scoprirà che è capitata in uno stabilimento termale per spiriti governato dalla strega Yubaba: e per liberare i parenti dall’incantesimo dovrà superare varie prove. Orso d’oro a Berlino 2002 e Oscar per il miglior film d’animazione, questo suggestivo capolavoro di Miyazaki è un’autentica favola morale sul passaggio dall’infanzia all’età consapevole con annesso monito ecologico e metafore dei mali sociali: attraverso la sua tipica narrazione lenta e differente dai soliti manga futuristico-apocalittici, scopriamo un mondo che non è altro che una dimensione parallela della nostra società (e soprattutto quella giapponese, satireggiata), con le stesse regole e gli stessi meccanismi (come una burocrazia allucinante). Ma grazie a un sostrato culturale ricchissimo – che spazia dai miti greci (la maga Circe, Orfeo ed Euridice) alle fiabe occidentali più popolari (Peter Pan, Alice nel paese delle meraviglie, Il mago di Oz, Pinocchio), dalle tradizioni religiose e animistiche giapponesi (come quella dei Kami, gli dei, e i Rei, gli spiriti) a infinite citazioni cinematografiche – i personaggi creati sono straordinari e, nella loro sfumatissima commistione di bene e male, impensabili per la nostra cultura, e soprattutto per qualsiasi cartone animato per bambocci occidentali abituati a un’oziosa grafica da Playstation o a un’edificante demarcazione netta degli aspetti spirituali della vita. Il tratto grafico è di una semplicità disarmante, ma l’animazione è eccellente: l’umorismo assurdo è divertente e intelligente, i personaggi di contorno sono esilaranti, e i lampi onirici o quelli poetici – come il viaggio sull’acqua su un treno popolato di ombre in transito o l’abbraccio sospeso tra Chihiro e Haku o il brusco finale soltanto in parte lieto – sono tra le cose più belle mai viste in un film a disegni animati e, graficamente degne di un dipinto, commuovono autenticamente. E i temi trattati non sono per niente scontati o infantili, come ormai accade in tutti i film disneyani: vedere per credere la parte relativa al furto del nome proprio, a cui sono collegati il senso dell’identità e, quindi, dell’esistenza. Lode alle musiche di Joe (Jô) Hisaishi. ANIM 125’ * * * * ½

Roberto Donati

Recensione n.4

LA LINEA D’OMBRA PER MIYAZAKI: “LA CITTA’ INCANTATA”

Ci volevano otto film per confermare Miyazaki come uno tra i migliori registi di anime in assoluto. Con questo “Spirited Away” il maestro nipponico ha dimostrato al mondo intero le sue capacità di “filtratore di realtà”. Perché il viaggio di Chihiro in un mondo fantastico, è sì portato agli estremi, con una deformazione della concretezza evidente, ma è anche un viaggio che tutti noi abbiamo percorso, è il faticoso, nostalgico, superamento di quella “linea d’ombra” conradiana che separa l’infanzia dall’adolescenza. Viaggio di formazione, dunque, in cui Chihiro impara, grazie anche all’acquisizione di valori quali l’amore o l’amicizia, quanto sia difficile seguire quel cammino che è la vita. Non privo di critiche, in particolare verso gli adulti, ed il loro mondo, dove lo spazio lasciato ai sogni e all’immaginazione è nullo, perché occupato da elementi più materiali (avete notato che nel parlare del parco divertimento, i genitori di Chihiro finiscono col discutere di recessioni e crisi lavorative?), contenente temi tipici del regista, quali il rispetto della natura (“Princess Mononoke”) o il processo di sviluppo dei personaggi (“Kiki’s delivery service”), “Spirited Away” ha dalla sua non solo l’imponente apporto tecnico, che mescola sagacemente nuovo e vecchio, non solo l’altissima sensibilità metaforica, che percorre l’intera pellicola, ma anche un gustoso retroterra intellettuale e letterario, che spazia da Kafka ( le metamorfosi dei genitori in maiali, figura non nuova per l’autore, vedi “Porco rosso”) a Pirandello (i due amici di Chihiro che vengono trasformati in “altro”, preferiscono le nuove “maschere”, oppure la perdita del nome-da Chihiro a Sen- come privazione della propria identità). E “Spirited Away” è tutto lì, nello sguardo finale della giovane protagonista, un’ultima occhiata malinconica ad un mondo in cui tutti abbiamo vissuto, ma di cui presto ci dimentichiamo. Lode a Miyazaki quindi, che ogni tanto ci ricorda di quella “città incantata” in cui siamo stati bambini anche noi.

Andrea Fontana

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