Recensione n.1
Bruce Nolan, un reporter insoddisfatto della vita e della carriera, accusa Dio di essersi dimenticato completamente di lui. Di tutta risposta Dio gli affida le sorti del creato andandosene in vacanza.
Dotato di incredibili poteri, dopo essersi preso qualche rivincita personale, Bruce si accorgerà quanto difficile sia accontentare i desideri di un’umanità intera…
Una specie di catechismo con smorfiette, utilissimo per una divulgazione di basso livello di quella religiosita’ utilitaristica cosi’ frequente tra i credenti delle religioni rivelate da rendermi incomprensibile la diffusione della new age (nel senso che non vedo la differenza).
E’ sciocco indignarsi per la superficialita’ di una pellicola di questo tipo, per la sua banalita’ e mancanza di originalita’: e’ un film che ok, fa ridere i bambini, ma non insegna loro niente, pur provandoci. Se non ci avesse provato (e pesantemente), avrei riso anch’io, pur apprezzando di Jim Carrey tutto, fuorche’ le sue doti di comico.
Per dire, mi sta bene che il film si concluda con una festa di paese per invitare gli americani a donare il sangue, ma che invece di una torta di mele gigante ci sia un gigantesco biscotto a forma di siringa e’ stupido. Tra l’altro, mio marito sostiene di aver visto nella folla Cristopher Reeve che camminava: devo preoccuparmi?
Strepitoso Morgan Freeman in completo bianco che fa Dio, questo si’.
Tutto il resto e’ noia.
Mafe
Recensione n.2
Quando Jim Carrey sale in cattedra, non c’è niente da fare: in barba ai bacchettoni che inorridiscono per le sue smorfie e ai puristi che vedono nelle sue linguacce senza senso un insulto al cinema, si esprime al meglio di se stesso.
Libero di fare ciò che è nato per fare, il suo volto di gomma non si appesantisce nello sforzo recitativo e si abbandona così a quel festival di facce che è nel suo DNA.
Non ci sogneremmo mai di ripudiare le convincente interpretazione in Truman Show e quella sublime di Man on the Moon, ma è innegabile che il suo genio si incastri perfettamente in commediucole come queste.
Ed è un ritorno alla Bugiardo Bugiardo, questo Una settimana da Dio, un ritorno al primo regista (Tom Shadyac), con tanto di poteri sovrannaturali, fidanzatina da riconquistare, banali equivoci da risolvere. Il solito, insomma.
Giocando a fare Dio, tra scenette esilaranti e altre un po’ meno, lo vediamo muoversi in una sceneggiatura flaccida e insipida, che lascia un po’ rimpiangere la freschezza di Io me e Irene, un film che aveva saputo più intelligentemente approfittare delle sue doti espressive con uno spirito più originale e votato al bizzarro.
Le stesse potenzialità si presentavano anche in questo caso: non è da tutti i giorni vedere Jim Carrey che impersona Dio!
A parte qualche solitario lampo di surrealismo, invece, la pellicola rimane con i piedi per terra, dando carta bianca al buon Jim, che dal canto suo non ha niente da rimproverarsi.
Ormai conosciamo Tom Shadyac: che si tratti di Eddie Murphy (Il Professore Matto) o di Jim Carrey (Ace Ventura, Bugiardo Bugiardo, e ora, Una settimana da Dio), a lui basta fornire un canovaccio, puntando a sfruttare le peculiarità dell’attore.
A volte, come in questo caso, si nota però troppo la distanza tra il protagonista e il cartone che fa da sfondo, suscitando un pericoloso “effetto cabaret”.
Francesco Rivelli