Regia: Wych Kaosayananda
Attori: Antonio Banderas, Lucy Liu, Gregg Henry, Ray Park, Talisa Soto, Miguel Sandoval
Sceneggiatura: Alan McElroy; Fotografia: Julio Macat; Musiche: Don Davis; Montaggio: Jat Lash Cassidy; Scenografia: Douglas Higgins, Lawrence Pevec.

Trama:
Jeremiah Ecks, un ex agente dell’FBI, viene re-ingaggiato per recuperare un microcongegno che, se iniettato sotto-pelle, può uccidere premendo comodamente un bottone. Dietro le tracce di questo congegno si nasconde il destino della moglie scomparsa e di una misteriosa agente chiamata in codice Sever.

Recensione:

Se non peccasse ostinatamente di ingenuità Ballistic potrebbe essere definito, magari da alcuni anche con una punta d’orgoglio, l’exemplum del film d’azione post-moderno. Per come è concepito, si ciba infatti di un tal vortice di filoni e stili da puntare alla più vasta platea devota al genere.
E’ così che non deve stupire se una cinesina senza un muscolo si beve eserciti di squadre d’assalto armata di bombe e mitragliatori, ma anche di pugni, salti e calci. Charlie’s Angel e Nome in codice Broken Arrow insieme: la globalizzazione cinematografica è spietata, ma è questo oggi l’action movie.
Il film dà certamente il suo meglio nelle scenografie: appaiono all’improvviso, tinte di colori dei più densi: dal rustico salotto in pietra grezza all’incredibile acquario, dalla baita con vista sul lago all’epilogo nella ‘tana di Batman’, fino a chiudere il sipario in cima ad un’immensa gru che spunta dalle acque dell’Oceano.
Piacciono quindi le ambientazioni, mutilate però dalla insipida sceneggiatura, che si trascina con le stampelle degli stereotipi più classici, finendo per appiattire la loro forza visiva.
A mancare, invece, (e sta qui l’imperdonabile ingenuità) è la figura di un antagonista credibile: ogni cosa è tratteggiata in funzione del personaggio di Lucy Liu, un manichino acrobata e invincibile esposto orgogliosamente in vetrina. Banderas le fa da spalla, i cattivi si presentano come birilli senza alcuna reale pericolosità, il gran capo – che dai ghigni di sicurezza sembrerebbe la maggior minaccia – viene liquidato in pochi secondi, mentre il suo ‘gringo’ viene spazzato via in un veloce incontro d’arti marziali.
Infine, la storiella del personaggio di Banderas (la moglie sottratta con l’inganno, il chiarimento di fronte all’acquario e tutto quanto gli ruota attorno, compreso l’inutile quadretto familiare del collega) è francamente un vuoto creativo, un insulto alla professione degli sceneggiatori, che non trova giustificazione nella sua funzione di pretesto per l’azione narrativa.
In ogni caso, non c’è pathos, mancano gli ostacoli narrativi, tutto è troppo facile: l’attenzione alla fine regge solo grazie alle gesta della super-eroina Lucy Liu, tra continue esplosioni e calci ben assestati; ma la sensazione è che si lancino in cielo fuochi d’artificio senza che ve ne sia una reale ragione.
Se non si prendesse così maledettamente sul serio, con tutti quegli slow motion – che andrebbero distillati con maggiore prudenza, ad uso esclusivo di chi veramente ne possiede i segreti, poiché non basta rallentare la ripresa per evocarne gli effetti – ed un piatto patetismo sugli affetti familiari, Ballistic potrebbe risultare anche un’ora e mezza di svago.
Ma se in Charlie’s Angels c’è tanta auto-ironia sulla propria banalità e gli effetti speciali sono il riflesso di una società tutta immagine e senza contenuti, qui invece lo sfarzo visivo si auto-compiace di nascondere un identico vuoto narrativo. E quando un film bluffa non ci si diverte più.
Del resto l’action movie dei giorni nostri non sembra diventato che questo: un circo di effetti speciali che, quando perde di vista la suspence, diventa scialbo e noioso.

Francesco Rivelli