Regia: Marco Tullio Giordana
Interpreti: Luigi Lo Cascio, Alessio Boni, Sonia Bergamasco, Adriana Asti, Fabrizio Gifuni, Maya Samsa, Jasmine Trinca
Recensione n.1
Un’opera colossale, quella di Giordana, e non poco ambiziosa: narrare la storia d’Italia dal 1966 al 2000 attraverso le vicende di una famiglia e in particolare di due fratelli: Nicola (Luigi Lo Cascio) e Matteo (Alessio Boni), uniti da un profondo legame affettivo eppure diversissimi nel carattere e nell’indole. Il primo solare e positivo, generoso e altruista. Il secondo introverso e cupo, costantemente insoddisfatto di sé e incapace d’amare. Sullo sfondo, scorre la storia italiana: dall’alluvione di Firenze del ’66 alle rivolte studentesche con deriva terrorista, dalla corruzione dilagante degli anni ’80 all’odierno riflusso nel privato. La professione scelta da Nicola, psichiatra, ben si presta a una difesa a oltranza della legge Basaglia e alla denuncia delle condizioni in cui vessavano i malati mentali prima della sua approvazione e applicazione.
“La meglio gioventù”, titolo di una raccolta di poesie di Pier Paolo Pasolini, intellettuale da sempre caro al regista, è quella fase felice della vita in cui le speranze sono ancora tutte da realizzare e in cui si può credere di poter dare un contributo reale affinché le cose cambino. Nicola è totalmente proiettato verso l’esterno, sia a livello professionale sia privato. E la sua generosità fa sì che contempli la libertà più per gli altri che per se stesso. Fino a lasciare agli altri anche la facoltà di ledersi. Sarà solo dopo un evento luttuoso, che lo segnerà ma che lo maturerà, a riuscire a intervenire nella vita altrui e a dire anche dei no. In lui la gioventù non si spegne, lungo tutto l’arco dell’esistenza, anche quando i capelli imbiancano. E’ una giovinezza del cuore e dello spirito che lo aiuta ad affrontare la vita con generosità ed entusiasmo. E che gli consente di ricominciare, dopo ogni sconfitta.
Se la prima parte coinvolge e commuove lo spettatore, anche per l’abile intreccio dei vissuti dei numerosi protagonisti, nella seconda la tensione narrativa si allenta, virando dall’epopea storica al prodotto televisivo vero e proprio. Ne è causa l’obiettiva difficoltà di concludere le singole vicende combinandole in un unicum armonico ma anche la ricerca di un finale buonista e positivo a tutti i costi che risulta un po’ fittizio se non posticcio. Lodevole l’intento della ricostruzione storica, fedele e mai faziosa, notevole l’approfondimento psicologico dei protagonisti, ben tratteggiati e magistralmente interpretati. Nettamente superiore, da un punto di vista qualitativo, ad altri prodotti destinati al pubblico televisivo, lascia perplessi la scelta del passaggio in sala.
Mariella Minna
Recensione n.2
E’ già una storia ingarbugliata quella del rifiuto della RAI di trasmettere “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana”, miniserie nata per la tv, che poi vince la sezione “Un certain regard” del festival di Cannes e diventa uno dei grandi successi della stagione. Ma, storia nella storia, “La meglio gioventù” racconta le intricate vicende di una famiglia italiana, dalla fine degli anni ‘60 ad oggi, descrivendo, sullo sfondo, un’Italia in pieno fermento, dall’inondazione di Firenze al governo Berlusconi. 366 minuti di pellicola per narrare la vita dei due fratelli Matteo (Alessio Boni) e Nicola (Luigi lo Cascio), legati da un profondo affetto, ma divisi dalle loro passioni, dagli ideali e dai problemi di tutti i giorni. Il tutto descritto con leggerezza, senza retorica, ma con la semplicità delle opere da grande pubblico. Un racconto lieve e sentito, per un film di attori come se ne vedono pochi nel nostro paese. Da Adriana Asti a Alessio Boni, da Sonia Bergamasco a Fabrizio Gifuni, da Luigi Lo Cascio a Maya Sansa e Jasmine Trinca, sono tutti perfetti, tutti in parte tutti coinvolti e partecipi, senza esagerazioni o risparmi.
Grazie anche ad un ottima sceneggiatura, firmata Rulli e Petraglia, i personaggi di questa infinita epopea riescono a tenerti incollato alla sedia, commosso ed emozionato per le loro vicende, fino alla fine. Mentre la prima parte è più descrittiva ed introduttiva dei personaggi e della storia, la seconda punta tutto sui sentimenti, coinvolgendoti nelle sofferenze e nelle gioie dei protagonisti senza lasciarti fiato. L’impronta televisiva si sente, soprattutto in certe semplificazioni e nel finale rassicurante, ma l’approfondimento dei personaggi, l’intreccio e i dialoghi sono degni della migliore produzione cinematografica italiana degli ultimi anni. La storia italiana, ben presente nel racconto, dal sessantotto al terrorismo, dal boom economico degli anni ’80 alla crisi odierna, non prende mai il sopravvento, inserendosi con discrezione nelle vicende personali, quasi come un altro personaggio. E così le sei ore non pesano, anche tutte di fila, lasciando nello spettatore un senso di realtà e di nostalgia, la nostalgia de “La meglio gioventù”, di pasoliniana memoria, che passa e si trasforma in vita.
Francesca Manfroni