Sempre piu’ spesso il cinema assume la funzione di vendicatore mascherato, mettendo in luce cio’ che la realta’ ha volutamente occultato e smentito. Si tratta sempre di supposizioni, congetture, spesso strumentalizzate a fini politici dall’una o dall’altra parte. E’ successo, per rimanere a Venezia e al Festival, con “I cento passi” di Marco Tullio Giordana e la storia vera di Peppino Impastato, che ha rischiato di far ripartire le indagini, e l’anno scorso con “Magdalene” di Peter Mullan, che ha aperto gli occhi sulla realta’ oscura degli omonimi conventi irlandesi. Nel cinema indagatore rientra anche l’interessante “Segreti di Stato”, che getta una luce sinistra sulla strage di Portella della Ginestra del Primo Maggio 1947, ufficialmente opera del bandito Salvatore Giuliano. La materia e’ appassionante perche’ mette in dubbio tutto il sistema politico dell’epoca con rigurgiti anche attuali, ma il film non sempre convince. La luce flirta con gli spazi e i personaggi (molto bella la fotografia di Giovanni Battista Marras) ma l’indagine resta incerta tra il documentario e il teatro filmato perdendo di vista il cinema. La sceneggiatura affronta con didascalica chiarezza le ramificate difficolta’ espositive dello spinoso tema trattato e consente una fruizione lineare, ma i botta e risposta tra i personaggi sanno troppo di lezioncina da impartire allo spettatore, con domande tutt’altro che spontanee fatte appositamente per fornire adeguata spiegazione al pubblico. Non aiuta, al riguardo, l’interpretazione degli attori, con uno spaesato Antonio Catania che inanella gesti di maniera ed espressioni attonite e il piglio teatrale degli altri. L’unico che mantiene un minimo di visceralita’ e’ il Gaspare Pisciotta di David Coco, che affianca, alla chiarezza di gesti e parole, il necessario trasporto emotivo richiesto dal personaggio. Comunque importante per le discussioni che riuscira’ ad animare, il film di Paolo Benvenuti avrebbe forse trovato nel documentario una forma piu’ adatta al taglio investigativo utilizzato. Dopo un po’, infatti, gli stupori di Catania e le immediate deduzioni degli altri diventano un surplus che aggiunge poco e, anzi, rischia di allontanare.
Luca Baroncini