Abbandonati pizzi, merletti ed epoca vittoriana, James Ivory racconta una storia attuale, ambientata nella Parigi contemporanea. Il tema principale e’ l’incontro/scontro di culture diverse attraverso i complicati intrecci familiari e sentimentali di due sorelle americane in terra francese. Cambia l’epoca, ma non la classe sociale: da un’ingessata nobilta’ a un’ingessata borghesia. Difficile appassionarsi a individui per cui il massimo della vita e’ possedere una borsa “Kelly” di Hermes e infatti il film, pur percorso da un leggero brio, risulta freddo e distaccato. Colpa soprattutto di una sceneggiatura attenta ai dialoghi ma incapace di prendere una direzione precisa: non si piange e non si ride, nonostante tutti piangano e ridano spesso. Le differenze culturali sono perlopiu’ giocate sulla smitizzazione dei luoghi comuni, ma non c’e’ alcuna profondita’ e Francia e America finiscono per essere sintetizzate in slogan contrapposti che restano in superficie. L’egoismo di tutti i personaggi viene solo accennato, mai messo a fuoco. Il sospetto e’ che al regista, piu’ attento a rendere innocua qualsiasi possibile implicazione, poco importino la visceralita’ e il destino dei protagonisti. Parigi e’ un piacevole sfondo, ma la fotografia di Pierre Lhomme permea persone e situazioni di una luce un po’ funerea che stona con la forzata leggerezza del racconto. Gli interpreti sono a loro agio: Naomi Watts e’ ormai una garanzia, Kate Hudson si diverte e risulta simpatica, Glenn Close ha sempre occhi pungenti e verve ed e’ un piacere riscoprire, pur nell’antipatia del ruolo, Leslie Caron.

Luca Baroncini (www.spietati.it)