Mettere da parte i ritmi frenetici della nostra società e fermarsi per ascoltare delle storie. Racconti di vita disseminati lungo i 473 Km di binari ferroviari che danno vita alle linee della “Sud Est”, i cui lenti trenini arancioni collegano il Salento, estremo lembo ti terra, “sud del sud dei santi” (Carmelo Bene), al resto d’Europa. Italian Sud Est ha partecipato alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Nuovi Territori e, per i fortunati che riusciranno a vederlo (al momento viene distribuito dalla “coraggiosa” Pablo solo a Roma, Milano e, ovviamente, nel Salento), rappresenta proprio questo: riscoprire il piacere di fermarsi ed ascoltare delle storie, che sono storie reali, di vita vissuta. Come reali sono i personaggi di questo sud magico fatto di menhir, di costruzioni di pietra, di storie di immigrazione ed emarginazione. Luoghi e storie sui quali veloci sono passati gli anni, rappresentati dalla scena ricorrente del cielo che scorre, ma che hanno mantenuto intatto quel carico di semplicità e fierezza tipico delle genti salentine. Un documentario dunque costruito attraverso le singole storie e diviso in tre giornate, introdotte da tre citazioni (Federico Fellini, Carmelo Bene ed Eugenio Fascetti): protagoniste del film sono le “storie” e non la procace Caterina, la giornalista che percorre il viaggio attraverso le ferrovie Sud Est. Quest’ultima, anzi, è l’unica nota stonata del film: è un personaggio costruito, assolutamente inopportuno e fuori luogo con i suoi atteggiamenti autocompiaciuti e le sue forme sinuose. Tra i diversi personaggi merita una menzione l’eccentrico Vincent (personaggio assolutamente reale e che ho avuto modo di conoscere), che vive nel suo eremo naif, ultimo santo di questo Salento “sud dei sud dei santi”.

Marco Argentiere