regia Robert Benton con Anthony Hopkins, Nicole Kidman, Ed Harris, Gary Sinise, Ron Canada
anno: 2003 genere: drammatico
Produzione: Gary Lucchesi, Tom Rosenberg, Scott Steindorff
distribuzione: 01 distribution
uscita: festival del cinema di Venezia 2003

Recensione n.1

“Tutti lasciamo una macchia, una traccia, un’impronta. E’ l’unico modo per esserci”. Questa è l’idea all’origine del romanzo di Phillip Roth, “The Human Stain” (la macchia umana), da cui il regista Robert Benton ha tratto l’omonimo film. Una macchia è come una cicatrice, ce la portiamo cucita addosso per tutta la vita. Una cicatrice può essere nascosta, gli altri non la vedono, ma noi la vediamo tutte le sere ogni volta che andiamo a dormire, è lì, incancellabile. Ma come si fa a convivere con un segno così grande? Cosa si è disposti a fare e fino a che punto si può arrivare per tenere questo segno nascosto? La macchia ha tanti nomi, vergogna, rinnegamento, tradimento, senso di colpa. Per il protagonista Coleman Sirk (Anthony Hopkins) è tutto questo: è inganno. Tiene nascosto un segreto per decenni e alla fine, ormai vecchio, riesce a rivelarlo solo ad una donna, fragile e nevrotica, Faunia (Nicole Kidman), della metà dei suoi anni, con cui vive una intensa e passionale relazione amorosa. Amanti all’apparenza così incompatibili, una giovane e bella donna e un vecchio, un insigne insegnante di letteratura del College e una donna delle pulizie. In realtà sono affini, entrambi fuggono da un passato spaventoso, che continua a ritornare e a fare del male, e insieme trovano la forza per superare il dolore, il senso di colpa e finalmente capire che l’unica forma di liberazione è la verità. Coleman e Faunia sono due sconfitti, due emarginati. Lui da ragazzo rinnega le sue origini di afroamericano per vivere un’esistenza a suo parere libera in un Paese segregazionista. Si scontra con il suo passato, tenuto nascosto per anni, ormai da vecchio quando lo accusano di razzismo, semplicemente per aver usato la parola “zulu”, di ambiguo significato, nei confronti di due suoi allievi. Perderà il suo lavoro e anche la moglie, morta subito dopo di infarto. E’ l’America della falsità e dell’ipocrisia che nel 1998 pervadevano il Paese durante l’impeachment del Presidente Clinton. Parallelamente alla sua storia, viene percorso anche il passato di Faunia, tristemente addobbato di bruttezze e infamie, di molestie sessuali da parte del patrigno e accuse ingiuste da parte di un marito psicopatico per la morte dei suoi figli.

Razzismo, infamia, scandali, le tematiche che sottendono al film sono molto forti, toccano l’ambito umano, sociale e politico. Gli scandali politici, le manifestazioni di razzismo (sempre attuali), l’America segregazionista e dei diritti civili dopo la seconda guerra mondiale, sono tutti elementi che vengono filtrati durante il racconto del passato dei due personaggi, fatto lucidamente rivivere attraverso l’uso del flashback. La relazione tra i due amanti rimane però sempre primaria, i temi vengono fatti scorrere collateralmente, tutto appare come semplice sottofondo alla storia amorosa. La sensazione è che il regista abbia trattato dei temi delicati con leggerezza, anche se forse egli vuole semplicemente lanciare un monito, un avvertimento, una denuncia. In altre parole punta il dito, ma senza invettiva. La denuncia è contro l’America perbenista di fine anni ‘90, all’insegna del “politically correct”, che investe ogni cosa, in cui persino l’uso di una semplice parola può rovinare la vita di un uomo e si può gridare a uno scandalo per una relazione amorosa poco convenzionale. Ma come si è detto, tutto questo rimane in sordina. Quando si esce dalla sala, quel che rimane ben impresso nella mente non è certo l’America delle segregazioni razziali, bensì i balli sensuali della Kidman e i suoi sguardi ammiccanti, nonché i suoi grandi atti d’isterismo. Sempre grande l’interpretazione dell’ attrice, che questa volta, forse, anche per il suo ruolo, ha oscurato il premio oscar Anthony Hopkins. Forse si apprezza più l’interpretazione dei due attori, che la storia narrativa vera e propria.

Marta Fresolone

Recensione n.2

Un professore alle prese con un’accusa di razzismo e impegnato in un rapporto “”indecoroso” con una Kidman dimessa. Accolto molto tiepidamente a Venezia.

Vito Casale