Qualche ombra si addensa sul sucesso dei film natalizi di Parenti & C.
Fa piacere trovare piu’ risate del precedente “Natale sul Nilo”, anche se non si torna ai vertici di “Merry Christmas”. E proprio per questo comincia a nascere il sospetto che quello fosse un caso isolato, dovuto alle difficolta’ di trasferire il set in fretta e furia dalla New York detwintowersizzata ad una placida e a suo modo “anonima” Amsterdam. Le possibilita’ economiche e produttive delle edizioni 2002 e 2003 hanno portato, infatti, non solo effetti speciali digitali di livello dignitoso, ma forse anche un certo adagiamento su schemi di sicuro successo, come gli equivoci e le volgarita’.
Siamo di fronte, infatti, nonostante le excusationes sicuramente petitae da parte di Parenti e degli attori, al film piu’ volgare della serie. Una sboccatezza sicuramente eccessiva, parzialmente mitigata dal fatto che Parenti e i suoi sceneggiatori (memori della scuola fantozziana) puntano piu’ al nonsense e alla surrealta’ piuttosto che allo sguardo “sociale” tipico di Vanzina e Oldoini. Numerose parolacce gratuite sono lo scotto da pagare per alcuni utilizzi di rutti e peti decisamente esilaranti. A questo si aggiunge un crescente insorgere del televisivo, che rischia di riportare alla meccanicita’ e al parassitismo di “Bodyguards” o “Paparazzi”. Se poi il succo della storia accantona l’interessante tema dello scambio dei figli a favore di un prevedibilissimo equivoco coniugale (gia’ sfruttato, con ben piu’ sostanza, in “Merry Christmas”); se le spalle di un tempo (Enzo Salvi) richiedono una sottotrama del tutto autonoma e flebile; se si aggiungono i Fichi d’India ad usum parvulorum, con ridotta integrazione nell’intreccio principale; se infine per far quadrare i conti si toccano i 110′ di durata, si avverte abbastanza facilmente che i consumati ingranaggi necessitano un po’ di oliatura. E non e’ certo inserendo di peso Paolo Conticini a fare il toscano (anzi probabilmente il livornese), soprattutto a rinforzare (poco) il segmento di Salvi, che si puo’ migliorare il dosaggio degli ingredienti regionali, fonte certo di successo, ma anche di ripetitivita’. Mentre i cameo sono o parassitari (Giorgino del TG1) o troppo diretti al pubblico dei fan trashofili (Pingitore, Carlo Vanzina) per destare particolare interesse. Nonostante questo, una visione piacevole, con i soliti pezzi di bravura di De Sica, e un Boldi sempre piu’ maturo (a suo modo). Si ricordano volentieri gli ultimi scampoli di pellicola, di ritorno da Jaipur, dove si ripesca il tema dei figli scambiati portandolo fino al 2014: una possibilita’, un nucleo portante piu’ forte di quello usato e purtroppo lasciato solo a chiosare il florilegio comico delle sequenze indiane.
In un’ottica futura, sicuramente avra’ piu’ sequenze “di culto” del piu’ incolore episodio egiziano, alcune perfino degne del “glorioso” passato anni ’80.
Enrico Battocchi (da IAC: it.arti.cinema)