Una stanza fredda, azzurrata, un silenzio, e due persone sedute davanti a un tavolo. Siamo nel futuro? Nel presente? Non si sa. Il fascino delle immagini fisse e delle parche parole che fluiscono dalle bocche attrae l’attenzione e trasferisce uno strano stato di alienazione. Le prime sequenze di “Cypher” sono inquietanti e tranquillizzanti (difficile capire la sensazione che predomina), come era stato nel precedente film del regista Vincenzo Natali , “The cube”, e ricreano con minimalismo un mondo nuovo ( e la citazione di Huxley è voluta) e asettico dove potremo vedere il nostro uomo affrontare il duro mondo dello spionaggio industriale. Morgan, interpretato da un allucinato Jeremy Northam (“The Net”, “Mimic”, “Emma”), impiegato in fuga da un’esistenza piatta, è alla ricerca di un lavoro che movimenti la sua vita.Un’azienda tecnologica, la Digicorp, dopo averlo sottoposto a un test della verità, lo incarica di alcune attività per spiare altre società dello stesso settore. Nel corso della storia, non poteva mancare una storia d’amore insoluto con una affascinante donna orientale, Rita (Lucy Liu, “Charlie’s Angels”, “Payback” ), che lo illumina di passione e di verità, facendogli comprendere che la realtà che sta vivendo non è l’unica esistente. Oltre la sua mente esiste qualcos’altro? Morgan si specchia con la sua mente e, quando incontra su consiglio della fanciulla, Frank Calloway agente di una società rivale, alcuni nodi vengono al pettine. La coscienza del protagonista è la vera chiave della storia.Chi è realmente Jeremy Northam?
Il verde, bianco e nero del futuro, domina la prima parte del film, poi arriva il colore, e di seguito ancora tonalità livide. La freddezza dell’ambientazione resa semplicemente, con maestria, si unisce al sottofondo di sound design, misto di suoni prodotti da strumenti elettronici ed effetti audio che descrivono il comportamento sistematico degli attori sulla scena. Inquadrature in pianta(verticali dall’alto), sempre perpendicolari ai personaggi, incrementano la sensazione di meccanicità e automazione, creando un ulteriore distacco dallo schermo. Eppure, per contrasto, la vicenda è intrigante e insolita al punto da attrarre e coinvolgere, grazie anche ai numerosi colpi di scena e ai nonsense nei quali è coinvolto Morgan. “Cypher” è uno di quei film in cui non ci si può addormentare per un singolo attimo, perché è composto da particolari, piccole tessere di un puzzle che, probabilmente, ma non è certo, si completerà. Vincenzo Natali, che non è italiano nonostante nome e cognome, si allontana dallo spazio cubico, ma dichiara nuovamente il suo amore per gli enigmi e per le strutture circolari, che si avvicinano per un attimo e subito dopo sembrano distanziarsi. I suoi protagonisti subiscono lo spazio che li circonda e pargono passivi nel decorso degli eventi. Solo alla fine il cerchio si chiude, come se il caso fosse guidato da una mano invisibile, artefice delle scelte della nostra mente.
Mattia Nicoletti