Un film più attuale che mai, Nema Problema racconta di Lorenzi, giornalista inviato nella guerra della Bosnia Erzegovina negli inizi degli anni 90′. Una guerra non è mai facile da raccontare, difficile trovare le parole quando davanti a te piovono cannonate dai carri-armati, cadaveri massacrati e uomini in disperazione.
“La Verità è la prima vittima della guerra” sostiene lo slogan del film, una riflessione sulla possibilità che nel corso di una guerra la verità possa mai realmente essere divulgata. Lorenzi si fa prendere la mano, in realtà sa poco o niente sui top-secret che circonda il conflitto, ma deve comunque fare il suo lavoro di reporter, cercando di offrire un quadro veritiero di quanto stava accadendo davanti ai suoi occhi, così, incastrato in questo obbligo del “Dover raccontare qualcosa pur non sapendo la verità”, il giornalista comincia a diffondere attraverso la propria testata delle notizie false inventate da lui, notizie non rilevanti o persino insignificanti montate apposta col fine di creare uno scoop.
Il regista Giancarlo Bocchi ha fatto un’opera che senza dubbio induge a far pensare. Si sa, detto in modo esplicito, che molti giornalisti imbrogliano, e basta sfogliare un po di quotidiani per accorgersi di queste traboccanti invenzioni e news truccate. Nema Problema è quindi un film di denuncia, ma non assume mai il tono del moralismo indignato, è una semplice constatazione d’attualità che non si può e non si deve ignorare. Dopo aver girato prevalentemente documentari, al suo esordio cinematografico, Bocchi si distingue per scelte molto particolari (discutibili) in quanto a tecnica. Palese la remota ispirazione al neo-realismo (il regista ha affermato di aver riguardato molti film di Rossellini prima di girare); assolutamente assenti le musiche di sottofondo, solo qualche effetto sonoro qua e là; insomma, come disse l’autore stesso, Nema Problema è un fiction nella fiction. Ma come presto si verificherà nei botteghini, il film è un’opera difficile, destinata solo a una minima parte dell’audience; la lentezza della vita che s’incontra nella pellicola la penalizza, in quanto il medio frequentatore di cinema non è nè abituato nè pronto a cogliere un lavoro come questo. In poche parole, questo film è un rischio, ma chissà se vale la pena correrlo… guardate il film: o starete incollati ed emozionati sullo schermo, o dormirete in sala rimpiangendo i vostri 7 euro. Le via di mezzo, come nel caso del sottoscritto, sono rare.
Pierre Hombrebueno