Regia di Alex Infascelli, con Margherita Buy, Valerio Mastandrea, Francesca Neri, Barbora Bobulova, Maddalena Maggi, Armando De Razza, Marco Giallini, Ninni Bruschetta, Rolando Ravello, Elisabetta Rocchetti
° Due anni dopo la tragica morte di un collega, la poliziotta Lucia, claudicante e inacidita, ha lasciato l’arma: ma un giovane poliziotto la convince a tornare in azione quando capisce che una serie di personaggi dello spettacolo, che hanno a che fare con il talk show condotto dalla cinica Sonia Norton, è in pericolo di morte. Dopo Almost blue, Infascelli delude ancora orchestrando una puerile critica della televisione di oggi – tante ed evidenti sono le citazioni e le allusioni – mascherata da giallo dai tanti prestiti (ancora Argento su tutti): a partire da un soggetto didascalico di Niccolò Ammaniti, la sceneggiatura si rivela piena di buchi e di latenze narrative, mentre la tecnica di Infascelli gira a vuoto ed è ancora insopportabilmente minata da vezzi d’autore quali sfocature, inquadrature e dissolvenze bizzarre, interferenze e via dicendo, che forse vorrebbero riflettere anche visivamente il medium televisivo ma che non sono né efficaci né valide esteticamente. La suspense, trattandosi in fondo di un thriller, è la grande assente, ma anche la satira sociale e l’attacco al potere disumano dei media sono, paradossalmente, sì buoni per un talk show pomeridiano. In quanto alla qualità dei dialoghi e della recitazione, è meglio lasciar perdere: e che il cinema di genere, in Italia, sia ancora roba del passato lo dimostra anche l’assenza di grandi caratteristi e di una necessaria ironia. La colonna sonora, meno dozzinale delle aspettative, è di Morgan dei Bluvertigo. THRIL 92’ * ½
Roberto Donati
Ritorna Alex Infascelli, dopo il successo con Almost Blue, da un soggetto di Ammanniti, ambientato nel mondo della tv.
La resa del film è molto professionale, eppure, il risultato finale non è stato convincente.
Il primo tempo è thriller-style ed intrigante, mentre il secondo si perde in un grottesco incoerente con la prima sezione.
Ammanniti non è nuovo a questo approccio: anche “L’ultimo capodanno” partiva da toni di commedia per approdare a un finale grottesco. Qui però lo stacco purtroppo è troppo netto.
Apprezzabile comunque il tentativo di dare all’Italia un cinema di genere, seppur un po’ disperso nel tentativo di fare cinema “d’autore.