In tempi di rivalutazione dissennata in cui tutto cio’ che non e’ contemporaneo gode di un vago sapore retro’ spacciato, in molti casi inspiegabilmente, per talento artistico, ad essere recuperati sono questa volta Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, due pilastri della comicita’ nazional popolare. Per fortuna il riuscito documentario di Daniele Cipri’ e Franco Maresco non si limita a celebrare la superficie del mito, ma si preoccupa, con ironia e affetto, di omaggiarlo, mettendolo anche in discussione. Il film ripercorre la vita del talentuoso duo: la fatica degli inizi, il fatale incontro sotto l’egida di Domenico Modugno, la prolifica carriera cinematografica degli Anni Sessanta (anche tredici film in un anno), le ripetute liti e riconciliazioni, la voglia di sperimentazione di Ciccio, la minor ambizione artistica di Franco, fino al risucchio della televisione, inglorioso capolinea, tra lustrini e paillettes, di una carriera che ne ha fatto due paladini del pubblico, soprattutto infantile. Non manca un accenno all’accusa di connivenza con la mafia a Franco Franchi, costretto, ormai malato, a tornare sotto i riflettori per smentire qualsiasi legame illecito. Il documentario alterna spezzoni di film, siparietti televisivi e interviste a parenti e personaggi dello spettacolo, in piu’ aggiunge un paio di esilaranti gag nuove di zecca che portano il marchio di fabbrica di Cipri’ e Maresco (bianco e nero abbinato allo spiccato gusto per l’orrido in chiave nonsense). A completare il quadro anche gli ironici commenti critici di Gregorio Napoli e del giovane, e perennemente stroncato, recensore in erba, tale Francesco Puma. Nell’interesse con cui si riscopre una pagina di costume italiano sorge spontanea una domanda: succedera’ la stessa cosa ai Fichi d’India tra una trentina d’anni?
Luca Baroncini (da www.spietati.it)