REGIA: Paul Anderson
CAST: Sanaa Lathan, Raoul Bova, Lance Henriksen
Meglio soli che mal accompagnati
Il punto di forza della saga di Alien stava innanzitutto nella protagonista Sigourney Weaver aka Ripley, una carismatica ed incazzosa leader.
Il punto di forza di Predator stava invece nell’ambientazione anti-claustrofobica, prima nella giungla e poi nella metropoli, luoghi vasti da cui il mostro poteva colpire ovunque e sempre.
Entrambi questi punti di forza cessano di esistere nell’operazione “paghi 1, prendi 2” di Paul Anderson, che mette su un plot che sfiora il ridicolo.
Un gruppo di archeologi scoprono una piramide sotterranea, dove guardacaso ci sono alcuni predators in lotta con degli aliens. I protagonisti si troveranno perciò in mezzo ad una guerra tra due razze superiori, e chiaramente, moriranno uno ad uno.
Il regista però, non si ferma solo a questo, ma addirittura s’inventa una storiella per raccontare di questa antica rivalità, andando indietro nel tempo fino all’epoca dei Maya e degli Aztechi. Facendo ciò, non solo
insulta l’intelligenza degli spettatori cresciuti con il primo film di Ridley Scott e di John McTiernan, ma proprio capovolge intere serie di film, mettendo a soqquadro i plot messi su da questi due registi per le loro saghe.
Gli alieni solo nello spazio? No, è dall’epoca dei Maya che girovacchiano per il pianeta Terra. E i Predator? Addirittura hanno insegnato agli uomini dell’antichità come costruire piramidi e templari. Stiamo sognando? No, questo si potrebbe chiamare “sputtanamento in diretta”, i nostri amati aliens e predators perfettamente rovinati. Coloro che si vedono nel film di Anderson non sono gli aliens ed i predators che abbiamo imparato ad amare, quelli che ci hanno appassionati; sono semplicemente dei cloni messi su schermo per fare soldi, il tutto confezionato come una banalissima action movie.
Pierre Hombrebueno