Titolo originale: Shi mian mai fu
Paese: Cina / Hong Kong
Regia: Zhang Yimou
Soggetto e sceneggiatura: Zhang Yimou
Soggetto: Zhang Yimou
Montaggio: Cheng Long
Fotografia: Zhao Xiaoding
Scenografia: Huo Tingxiao
Musica: Shigeru Umebayashi
Interpreti: Takeshi Kaneshiro, Andy Lau, Zhang Ziyi, Song Dandan, Anita Mui Durata: 119 min.

Recensione n.1

Cina, anno 859. La dinastia Tang è in declino. Il malcontento dilaga nel popolo e alcuni ribelli formano eserciti per contrastare la corruzione dell’impero. Uno dei più prestigiosi è “La casa dei pugnali volanti”. Due capitani della guardia imperiale vengono mandati a indagare Mei, una danzatrice sospettata di essere la guida dei rivoluzionari.
“ZATOICHA!”
Se Ang Lee ha aperto all’oriente le porte dei cinema del mondo intero, Zhang Yimou le ha spalancate. Prima con il successo globale di “Hero” e ora con “La foresta dei pugnali volanti”. Strada vincente non si cambia e infatti il talentuoso regista cinese torna ad immergere lo spettatore in eleganti atmosfere d’altri tempi (la Cina del IX secolo), in cui i duelli e i combattimenti hanno l’andamento di una danza e dove ad appassionare è quasi esclusivamente la pregnanza delle immagini, davvero sorprendenti. Difficile, infatti, trovare una vera ragione d’essere nel melodramma tutt’altro che sofisticato imbastito nel copione, in cui le ragioni collettive (la ribellione del popolo contro la corruzione dell’impero) soccombono a un improbabile triangolo affettivo: lei cieca e guerriera, contesa tra due uomini infuocati dalla passione ma confusi dai doppi o tripli giochi imposti dalla ragion di stato. Inevitabile la tragedia, che arriva puntuale, gravata pure dal continuo posticiparsi delle definitive dipartite e dal peso di dialoghi involontariamente ridicoli. Per fortuna ad allietare l’occhio c’è la bravura degli interpreti, con in testa la star Zhang Ziyi (che ha sostituito Gong Li come musa del regista) abile nel menare la spada e negli sdilinquimenti del cuore, e la folgorante bellezza dell’impianto visivo. Ogni sequenza è curata nei minimi dettagli e a dominare è sempre il gusto per la composizione dell’inquadratura unito a un eccezionale utilizzo della tecnica. Impossibile resistere al “passo dell’eco danzante” che apre il film, in cui la Ziyi si libra con leggerezza e decisione al ritmo imprevedibile di fagioli scagliati contro roboanti tamburi. Così come è difficile restare indifferenti alla suggestione provocata dalla foresta di canne di bambù o al tripudio di colori, splendidamente fotografati da Zhao Xiaoding, che accompagna il fluire delle stagioni. Come imposto dal genere, la verosimiglianza non è mai protagonista dell’azione, anzi, Yimou sembra divertirsi a spingere l’irrealismo all’eccesso, ma cedere alla sinuosità dei movimenti, alla leggiadria con cui gli scontri si ballano e alla grazia con cui la violenza viene sublimata, è piacevole, oltre che rara occasione per nutrire lo sguardo. Il risultato complessivo dunque, pur minato da ingenuità e scelte tutt’altro che originali di sceneggiatura, non ha la pesantezza de “La tigre e il dragone” e fa un baffo al Kitano in vacanza di “Zatoichi”.Voto: 7

Luca Baroncini de Gli Spietati

Recensione n.2

Dopo il pomposo e pretenzioso “Hero”, torna Zhang Yimou in un altro wuxiapian (per i non addetti ai lavori, e’ il termine che si usa per indicare quei film dove fanno da padrone scene di combattimento all’arma bianca ai limiti dell’impossibile e gente che “vola”), se vogliamo ancora piu’ alla ricerca dell’effetto cromatico che stupisce e fa sognare. Meno ridondante e piu’ calibrato del precedente, ci troviamo di fronte ad una storia piu’ umana, dove la carne il sangue assumono un significato preponderante all’interno della pellicola. Abbandonati gli sfarzi “da cartolina” di Hero, il regista stavolta ci delizia di scene dai colori piu’ consoni e naturali, che cambiano ad ogni scena, accompagnando assieme alla struggente musica, un melodramma che trova il suo punto di forza nell’intensita’ dei personaggi. Non v’e’ dubbio alcuno comunque che abbia talento estetico da vendere. Rimane il dubbio di una storia non propriamente logica, quasi che lo scopo del film fosse solo quello di mostrare la personalita’ intrinseca dei personaggi principali con una meravigliosa cornice di fondo, piuttosto che l’approccio piu’ viscerale e sanguinolento che emerge nel secondo tempo. Piu’ occidentale di “Hero”, ma meno de “La Tigre e il Dragone”, non deludera’ i fan del genere, anche se forse sarebbe meglio tentare nuove strade, in fondo, dei quadri animati sono sempre belli da vedere, ma dopo un po’ cominciano a stancare… Piccolo post scriptum: di tanti effetti speciali usati nei film, non potevano trovare qualcosa di diverso dalla SCHIUMA per fare la neve??? Voto: 7

Wolf