Nella trasposizione per il cinema l’omonimo thriller dell’anima di Ian McEwan trova una fedele rappresentazione. Non solo nella successione degli eventi, ma proprio nella delicata operazione di scavo psicologico sui personaggi. La causa scatenante e’ l’assurdo incidente di una mongolfiera, un evento straordinario e imprevedibile che provoca una serie irrefrenabile di conseguenze riunendo, per puro caso, persone che non si conoscono e modificando per sempre il corso delle loro vite. Sono tanti gli spunti suggeriti dal romanzo a cui il film dona visibilita’. Al centro l’ossessione amorosa di Jed Parry, un fanatico religioso, verso Joe Rose, un divulgatore scientifico, e di riflesso tutte le sfumature dell’amore, dalla passione all’affetto, fino all’indifferenza. E’ interessante vedere come la patologia di Jed trovi terreno nelle insicurezze di Joe e riesca a dare voce a una parte aggressiva, insoddisfatta e frustrata che lo stesso Joe non avrebbe mai pensato di avere. Roger Michell, dopo i fasti di “Notting Hill” e il low budget di “The mother”, trova una dimensione intermedia in cui dimostra di sapersi muovere a proprio agio. Costruisce con la tensione e lo stupore necessari l’antefatto della vicenda, immerge Londra in una luce acida, segue il crescendo narrativo con senso del ritmo e non dimentica la maturazione psicologica dei personaggi, fino a un risolutivo confronto finale, compatto e disturbante nell’apparente pacatezza in cui si consuma. C’e’ da dire che gia’ la sofisticata progressione letteraria di McEwan gode di una scansione molto cinematografica. In parte anche il cast. Daniel Craig conferma di non essere piu’ solo una promessa e Samantha Morton esce, anche se solo parzialmente, dal suo cliche’ interpretativo fatto di silenzi o scene madri. Corrispondente all’immagine evocata dal romanzo la fisicita’ dinoccolata di Rhys Ifans.
Luca Baroncini (da www.spietati.it)