Regia: Giovanni Veronesi
Interpreti: Silvio Muccino (Tommaso), Jasmine Trinca (Giulia), Margherita Buy (Barbara), Sergio Rubini (Marco), Luciana Littizzetto (Ornella), Dino Abbrescia (Gabriele), Carlo Verdone (Goffredo), Sabrina Impacciatore (Luciana), Anita Caprioli (Livia), Dario Bandiera (Piero)
Soggetto: Vincenzo Cerami, Ugo Chiti, Giovanni Veronesi
Sceneggiatura: Ugo Chiti, Giovanni Veronesi
Montaggio: Claudio Di Mauro Fotografia: Giovanni Canevari
Scenografia: Luca Gobbi Musica: Paolo Buonvino Produzione: De Laurentis Distribuzione: Filmauro
Durata: 115 min.
Recensione n.1
La nuova commedia di Giovanni Veronesi è un “Love Actually” all’italiana, con personaggi e situazioni che si intrecciano e completano, ma più pessimista dell’alter ego americano e con una buona dose di immancabili stereotipi (sui tradimenti, sulle vigilasse acide, sulle infermiere sexy ecc.).
Le quattro parti che ripercorrono le fasi principali dell’amore, secondo il regista, sono però ben strutturate e anche se la recitazione non è sempre massimi livelli, in special modo nell’ultimo episodio, il film risulta godibile e trasmette allo spettatore la frenesia dell’ “Innamoramento” con i ritmi serrati della coppia Muccino – Trinca e con la simpatia del terzo incomodo Nongiovane; l’impotenza dei sentimenti che ancora giacciono sotto la cenere di fronte alla “Crisi” di Buy e Rubini che coppia in crisi lo sono stati davvero; la malinconia opprimente e la voglia di ricominciare de l’ “Abbandono”. Il “Tradimento” come è tradizione nel nostro cinema, viene invece trattato più dal lato comico che non da quello sentimentale e si avvale di una buona prova della Littizzetto che attrice non è, ma non mostrando di aspirare ad alcuna velleità artistica risulta simpatica a differenza di Carlo Verdone che a furia di interpretare personaggi da amore eterno finchè dura si ritrova con la stessa supponente maschera da cuore infranto di mezza età che, se pur adatta alla situazione, sa di già visto. Deludente anche la Caprioli, troppo impostata e teatrale come la voce melensa del cd che accompagna i libri di Freedman.
Ottima la trovata del manuale d’amore, che oltre ad essere un espediente divertente per l’incontro dei personaggi è anche sintomo di un malessere generale di una società che non avendo punti di riferimento stabili per la gestione dei sentimenti si arrangia come può e preferisce farsi dire da un anonimo audiobook come vivere la vita piuttosto che avere il coraggio di affrontarla.
Ombretta Stefanoni
Recensione n.2
“4 x 2 = 6,5”
Quattro frammenti di vita amorosa si intersecano nel lungometraggio corale diretto da Giovanni Veronesi, nato da un’idea di Vincenzo Cerami tenuta nel cassetto per tre anni. Si passa dalle scaramucce a lieto fine dei ragazzini in vivace INNAMORAMENTO per piombare nella CRISI della coppia adulta senza figli, superando le trappole del TRADIMENTO e finendo nelle zone d’ombra dell’ABBANDONO. I titoli dei capitoli in cui è suddiviso il racconto evocano temi esistenziali annosi e assai problematici e la sceneggiatura fa il possibile per mantenersi in equilibrio tra la riflessione e la risata. A spuntarla è la simpatia della confezione e degli interpreti, che fanno di tutto per stemperare il retrogusto amarognolo e mandare a casa gli spettatori sorridenti. Il cast, punto di forza della pellicola, riunisce mattatori nostrani, divi televisivi, noti caratteristi e giovani ormai affermati, ognuno ben consapevole del ruolo che si è ritagliato nell’immaginario collettivo e attento a non deludere le aspettative. Nonostante superficialità e luoghi comuni abbondino, il film riesce a restituire tracce di verità. Sono proprio alcuni dettagli d’ambiente e la verve dei dialoghi ad impedire alle macchiette di rubare la scena ai personaggi. L’intreccio è imbastito con grazia, nonché furbizia, e cerca in tutti i modi di suscitare l’identificazione del pubblico, riuscendoci, però, solo a fasi alterne. Se l’entusiasmo di Silvio Muccino e la freschezza di Jasmine Trinca sono contagiosi, il loro amore odora un po’ di naftalina e finisce per perpetuare un modello di coppia (lui disposto a tutto per averla, da guerriero a uomo-zerbino, lei prima indifferente poi malleabile, alla fine mogliettina) presente soprattutto nei rotocalchi. Più interessanti i presupposti del ristagno affettivo tra Margherita Buy e Sergio Rubini, con alcune trovate davvero esilaranti (la cena dagli amici pargolo-dipendenti, il fastidio di piccole cose come il rumore di una posata tra i denti) e altre un po’ più didascaliche (l’ubriacatura e relativa occasione di adulterio), per fortuna con una chiusa a mezze tinte (comunque dall’abbraccio rassicurante). Luciana Littizzetto, ancora in tandem con Dino Abbrescia come in “Se devo essere sincera”, è protagonista dell’episodio più divertente, anche se è di nuovo la lezioncina facile (“occhio per occhio, dente per dente”) ad ispirare la riconciliazione. Meno riuscito l’one-man-show di Carlo Verdone, perché narrativamente inconsistente (ennesimi porte in faccia e amanti sotto il letto) ed eccessivamente sbilanciato sui clichè della vis mimica dell’attore romano. In tutto ciò il cinema ne esce senza guizzi ma con dignità, supportando con ritmo il copione ed evitando perlomeno la sciatteria di troppo cinema italiano contemporaneo. Stimolante il parallelo con il film di Francois Ozon “5 x 2”, passato, chissà perché come un fulmine, sugli schermi a inizio stagione. In fondo si tratta di un percorso con più di un’affinità: l’analisi di alcune tappe nell’intrico dei sentimenti di una coppia. Nel film di Ozon sempre la stessa a ritroso, in quello di Veronesi, con un succedersi di personaggi differenti e in avanti. È interessante notare l’abilità del regista francese nell’arrivare al cuore delle pulsioni rifiutando facili stratagemmi (le didascalie, la voce fuori campo). Pulsioni che “Manuale d’amore” anestetizza o non prende quasi mai in considerazione (se non nel loro aspetto più marcatamente esteriore), prediligendo l’approdo alle risate delle gag. Questione di scelte e di sensibilità, ma Veronesi, in evidente sintonia con un pubblico di matrice televisiva, dimostra comunque di avere trovato un compromesso non disprezzabile tra “quello che avrebbe potuto essere” e “quello che è”. VOTO: 6,5
Luca Baroncini de Gli Spietati
Recensione n.3
Cosa più dell’amore influenza l’intera esistenza umana? Davvero nulla e il pensiero, credo, sia condiviso anche dal regista Giovanni Veronesi che con il suo Manuale d’amore ci regala le quattro fasi che scandiscono questo sentimento atavico.
Vengono snocciolati, sullo schermo, l’innamoramento, la crisi, il tradimento e l’abbandono, quattro episodi di un unico percorso ciclico che è proprio quello dell’amore.
Abili protagonisti alcuni dei migliori attori della scena cinematografica attuale che nel pieno rispetto dei registri comici-drammatici della commedia italiana, ci forniscono gli spunti per ridere e riflettere essenzialmente di noi, delle nostre paure e delle nostre speranze di fronte all’amore.
Silvio Muccino e Jasmine Trinca rappresentano le prime fasi della coppia: l’incontro, l’innamoramento e il matrimonio, ripercorrendo quegli atteggiamenti di follia che appartengono ai grandi inizi, inizi che lentamente sfumano nelle vite delle coppie successive come Margherita Buy e Sergio Rubini, profondamente in crisi o come Luciana Litizzetto che dovrà fare i conti con un marito fedifrago, fino ad arrivare al solo e abbandonato Carlo Verdone.
La pellicola, ben diretta, ci offre una fotografia del mal d’amore moderno, attraverso le interpretazioni di nuovi e vecchi protagonisti del nostro cinema che sanno fornirci un ottima prova di capacità attoriale. Riconfermati Verdone, Buy e Rubini che ad ogni prova rispondono con capacità e professionalità, speranzosi, invece, ci fanno essere le nuove leve come Litizzetto, Muccino e Trinca che confermano quanto il nostro cinema possa essere una valida palestra.
Un Manuale d’amore che più che insegnare rappresenta a chiare linee ciò che siamo nel momento in cui l’amore ci travolge con i suoi mille aspetti, in un vortice a cui irrimediabilmente dobbiamo solo arrenderci.
Valentina Castellani