Un’idea non proprio originalissima: un giornale che annuncia la morte in anticipo. Una straordinaria somglianza: Early Edition (in Italia Ultime dal cielo), la serie televisiva in cui il protagonista riceveva in anticipo le notizie sulla prossima morte del malcapitato di turno. Identico, a parte due differenze: manca il gatto, e non è possibile cambiare il futuro.
Ci si aspettava molto di più dal famoso produttore Takashige Ichise (Ringu, Hideo Nakata, 1998) che dopo averci deliziato con Infection ora ci logora con Prediction, un film noioso e insapore tratto dal manga giapponese Kyofu Shinbun, che entusiasma lo spettatore solo nei titoli di coda, grazie ai quali può finalmente esultare per la fine del film. Il regista è Norio Tsuruta, già famoso per il suo Ring 0- The Birthday(2000), che forse era il più carino della trilogia giapponese, e che ora si perde tra i colori sbiaditi di un film che non dice nulla. Anzi, per chi si era deliziato del bellissimo
Infection, che giocava sul rapporto tra la realtà e la sua percezione, ora è costretto a subire un’azione che viaggia a tempo di lumaca e che porta verso il nulla.
Belle le scene iniziali, che passano con efficacia dalla premonizione di morte sul giornale, al tragico incidente in cui perde la vita la piccola Nana, ma con una pecca. Gli attori recitano come fossero appena usciti dal museo delle cere, senza un briciolo di espressività, lasciando ogni traccia di mimica facciale tra i banchi della scuola di recitazione.
Inizialmente siamo incuriositi, proiettati in un inquietante gioco, che ci permette di conoscere in anticipo il futuro più nero, grazie al “giornale del terrore”, che arriva quando meno te lo aspetti, e come un richiamo di morte comunica i nomi delle prossime vittime. La psicologia umana crolla nell’eccesso di sapere, e si schianta contro l’impossibilità di cambiare il futuro. Così Hideki Satomi (Hiroshi Mikami) dopo aver perso la figlia Nana, perde la moglie e ogni possibilità di vivere una vita serena, fatta di una normale non consapevolezza.
Passano tre anni dall’incidente, e il film cessa di esistere. Non c’è nulla che si contrapponga ai due protagonisti se non questo conoscere il futuro in anticipo, un avversario che distrugge l’uomo, ma anche lo spettatore, che non riesce ad appassionarsi ad una storia che non c’è. Qual è la meta? C’è un punto di arrivo? L’unica cosa che osserviamo è questo processo di decomposizione dell’animo umano, in preda al delirio, alla disperazione, ma che possiamo capire solo dai dialoghi, data l’inespressività di Hiroshi Mikami. E non vanno certo meglio le interpretazioni da soubrette incapace della protagonista femminile Noriko Sakai, un’inutile supporto psicologico al povero protagonista.
Il film ritorna in sala negli ultimi dieci minuti, nei quali si ravviva grazie a qualche sequenza più dinamica, e nell’unica scena degna di nota, in cui un ragazzino impazzito ed invecchiato si struscia sul pavimento, generando un po’ di tensione. Interessante anche l’idea di comunicare attraverso delle vecchie registrazioni il devastante disagio di un uomo che ha già vissuto l’esperienza del giornale e che ha erroneamente cercato di cambiare il futuro. E’ proprio questo che distrugge il protagonista, il non poter far nulla, l’essere spettatore passivo e testimone privilegiato di dell’atrocità della morte.
Lentamente si arriva ad uno spunto interessante: l’inferno è un misto di realtà e allucinazione, che porta Hideki a rivivere i momenti più dolorosi della sua vita all’infinito. Tornare nei luoghi del dolore attraverso un loop inquietante, con una devastazione psicologica ampliata dall’impossibilità di trovare una via di fuga in un claustrofobico circuito chiuso. Ma con un colpo di spugna Tsuruta cancella anche l’ultima possibilità di trovare una degna soluzione al film, regalando allo spettatore un insensato lieto fine dettato dal sacrificio.
Se il giornale del terrore avesse raggiunto i pochi presenti in sala forse avrebbero potuto evitare di gettare 7 euro al vento.
Voto: 3
Endrio Martufi da www.hideout.it