Recensione n.1
Generalmente esco soddisfatto dopo un film di Salvatores, pur nei suoi stereotipati personaggi, ogni film riesce ad essere valorizzato da un pretesto, di qualsivoglia natura che mi fa sentirmene crescere il valore, vuoi per l’introspezione dei personaggi, la fotografia, la ricercata regia o anche la pretestuosa messa in scena appositamente compiacente. Questa volta non e’ successo. E’ mancato quel pretesto, quel “qualcosa” che gia’ dai provini mi aveva messo dei dubbi, delle incertezze. Ma sono andato comunque fiducioso. Sapere di trovarmi per piu’ di meta’ film davanti ad un televisore dove ci viene mostrata la sorella della protagonista che parla della sua vita, beh, non era davvero nelle mie aspettative. E nemmeno l’idea di una sceneggiatura rappezzata da alcuni dialoghi da film per la tv, e alcune sorprese fin troppo posticce o telefonate, soprattutto verso la parte finale. Di positivo posso solo citare l’ottima regia (fintamente minimalista), la colonna sonora, e gli splendidi primi piani, in primis della protagonista, cosi’ femminile nella sua mascolinita’ eppure sempre cosi’ incredibilmente espressiva. Il citazionismo di Salvatores cerca il suo appiglio nel candore cinefilo di un vecchio film in bianco e nero, mostrandoci alla fine quello che forse non era piu’ necessario. Il pretesto alla fine era forse solo quello di mostrare il percorso psicologico interiore della protagonista, ma vengono usati troppi elementi che esulano dalla storia e rendono difficoltoso capire che cosa davvero volesse dire o fare il regista con questo film. Come noir e’ fin troppo didascalico nel suo continuo gioco di ostentare, sono troppi gli indizi che vorrebbero dire poco e in realta’ dicono anche troppo, e la struttura nel complesso e’ un po’ traballante, penalizzata da una messa in scena forse troppo rigida e schematica nei suoi cliche’ che non rende emotivamente partecipe lo spettatore. Delusione.
Voto: 5
The wolf
Recensione n.2
“SVISTI di STAGIONE e VISTI DI TAGIONE”
Voto da 1 a 5: **1/2
Non ci siamo. Per una volta che Salvatores torna a pensare in piccolo (film girato con pochi soldi, in digitale, con attori non propriamente famosi, a parte Gigio Alberti… e vabbè…) lo fa con un soggetto, tratto da un libro, che non si evolve, che mostra troppo i limiti di una scrittura che si affida a colpi di scena che non sono tali.
La noia, in questa pellicola, regna sovrana e dispiace dirlo perché Salvatores è sempre stato attento a dosare i ritmi della narrazione dei suoi lavori e non lo giustifica il fatto di aver realizzato, questa volta, un “simil-noir”; il noir non è MAI stato un genere cinematograficamente noioso (si prega di visionare qualche decina di classici del cinema americano, grazie) e non vedo perché lo si debba far diventare, con l’aggravante che questo è pure un film italiano. Lo so, verrò lapidato dai sostenitori delle pellicole tricolore, ma non è che qui in Italia siamo propriamente famosi per la “leggerezza”, il “ritmo” del nostro cinema; altrove (e non sto parlando esclusivamente degli USA) si riesce a parlare di cose importanti senza far sbadigliare il pubblico. Certo, qualcuno ci è riuscito anche da noi, ma non è questo il caso.
Ad ogni modo: “Quo vadis baby?” non fa schifo, solo che si sarebbe potuto far di meglio. Molto meglio.
DA TENERE: il cast è abbastanza azzeccato, anche se non ha l’appeal per attirare il pubblico (traduzione: chi va a vedere questo film lo fa per il regista e stop).
DA BUTTARE: il Valium e tutte le tisane in genere: dopo la visione non vi serviranno di certo…
BenSG