(Il castello errante di Howl)
di Hayao Miyazaki
Titolo originale: Hauru no ugoku shiro
Nazione: Giappone
Anno: 2004
Genere: Animazione, Fantasia
Durata: 119′
Regia: Hayao Miyazaki
Sito ufficiale: www.howl-movie.com
Voci: Chieko Baisho, Takuya Kimura, Akihiko Miwa, Christian Bale Produzione: Rick Dempsey, Ned Lott, Toshio Suzuki
Distribuzione: Lucky Red
Data di uscita: Venezia 2004 09 Settembre 2005
Recensione n.1
Visto in anteprima mondiale a Venezia, in una versione che pare non essere del tutto definitiva, almeno in termini di tecnica d’animazione, l’ultimo film di Miyazaki ha saputo comunque rivelarsi tra i migliori del concorso (lo segnala anche Morandini su Film TV).
Ispirato al romanzo omonimo di Diana Wynne Jones che inizialmente avrebbe dovuto essere un produzione dello studio Ghibli solo supervisionata dal maestro giapponese, Miyazaki si è poi scoperto molto interessato al progetto tanto da voler curare di persona la sua realizzazione. Questa genesi ci aiuta a capire come mai alcuni punti saldi della narrativa animata di questo autore siano stranamente assenti.
La guerra ad esempio è lasciata per lo più sullo sfondo e senza spiegazioni. Abituati alla dettagliata trattazione delle diverse fazioni in conflitto, alle luci e alle ombre dei vari leader coinvolti, si vedano Mononoke e Nausicaa, sorprende questo scivolare sul conflitto. Proprio questa natura inconoscibile e imperscrutabile della guerra, voluta solo, e questa è l’unica cosa chiara, dalla follia di uomini che oltretutto non vogliono le interferenze della magia, finisce per renderla ancora più minacciosa. Ed infatti i combattimenti sembrano espandersi come un cancro e investire un sempre maggior numero di luoghi. Non c’è dunque modo di sottrarvisi. Nemmeno Howl, che è un potente mago e signore di un’abitazione mobile le cui porte si aprono su città diverse, è in grado di tenersi alla larga dalla battaglia. Ad un certo punto lo vediamo in crisi perchè il colore dei suoi capelli è stato rovinato da Sophie, senza la bellezza non ha senso vivere, dirà disperandosi. La vera bellezza che custodisce il castello però è quella dei luoghi della sua anima, al sicuro oltre porte misteriose e di una bellezza da togliere il fiato. Eppure nemmeno questi luoghi verrano salvati dai terribili bombardieri. Dunque non esiste rifugio sicuro né un potere tale da elevarsi sopra le parti.
Miyazaki affronta inoltre altri temi, forse meno scottanti, ma certo non meno eterni. Sophie è trasformata da un sortilegio in una vecchia e in una splendida sezione del film sale una collina alla ricerca di una contro maledizione. L’età rende la salita molto faticosa e il film diviene davvero un viaggio nella vecchiaia, nei suoi dolori e nelle sue miserie, ma anche nello spirito pacificato con cui si osserva il mondo. La fretta svanisce, ci vorrà tempo a salire la collina ma ci si può fermare, non c’è un luogo ove correre. Non c’è l’ansia di una morte vicina, ma la serenità di chi è ormai oltre le passioni e può cercare di agire con buon senso, aiutando uno sconosciuto impigliato e cercando rifugio nonostante sia un demone a tenere acceso un fuoco. Senza terrore né entusiasmo, cercando semplicemente di applicare la propria saggezza e la propria educazione. Il castello va pulito. Sono questi valori basilari, questo sereno attaccarsi alle cose semplici, a tornare di film in film e a trovare qui forse una delle espressioni più mature nella cinematografia di Miyazaki, che infatti ha dichiarato: “Esiste un’animazione per anziani? Questo film è un tentativo di risposta”.
Chiudendo siamo di fronte ad un film insolito, visivamente sontuoso e ricco di immaginazione (nonostante la versione non fosse definitiva il film è tecnicamente eccezionale) e di una sua leggera, familiare, profondità. Non sarà forse il miglior film di Miyazaki, ma di certo sarà uno dei migliori film dell’anno.
Andrea Fornasiero
Recensione n.2
Super controlli all’ingresso delle sale a Venezia, per evitare copie non autorizzate del film. Miyazaki coinvincente, divertente e come sempre ipnotico, riesce a tenr desta l’attenzione senza cali. Solo qualche appunto alla curiosa ambientazione inglese, e al tema della guerra, a volte in netto contrasto con il magico spirito orientale. 8 ½
VC
Recensione n.3
L’ indiscutibile maestro della animazione moderna, il direttore Hayao Miyazaki rende un film eccezionale di fantasia di animazione basata sul popolare libro per bambini del ’ Inglese Diana Wynne Jones, ‘Howl’s Moving Castle ’.
Il film e’ situato in un macrocosmo immaginario simile all’Europa centrale del 1850 governata da un re durante un periodo di guerra. Secondo la leggenda, Howl, un bel mago giovane biondo, ed il suo castello mobile girano per il Waste, la campagna in cui maghi e demoni regnano, cercando ragazze belle per divorare il loro cuore.
Sofia è una cappellaia diciottenne che lavora nella cappelleria della madre. Sofia incontra per caso Howl che la salva da due soldati arruffati. Sofia e’ immediatamente presa dal fascino di Howl. In un attacco di gelosia, la nemica di Howl, la Strega del Waste, lancia un’incantesimo su Sophie trasformandola ad una novantenne. Devastata dalla sua apparenza anziana e sperando che Howl possa dissipare l’incantesimo, Sofia cammina al Waste in cerca del castello mobile di Howl. Sofia incontra un silenzioso spaventapasseri con la testa di rapa ( Rapa ) che rimbalza continuosamente cercandosi di esserle d’aiuto. Sofia chiede a Rapa assistenza nel trovare un rifugio per riposo. Rapa fornisce a Sofia una canna e la conduce al castello di Howl dove Sofia si fa passare come donna delle pulizie. Il castello e’ impressionante e misterioso, ed ha quattro piedi, una bocca e produce tanto fumo mentre viaggia. Sofia vive nel castello con un bambino, Markl, e un demone del fuoco, Calcifer, e Howl.
Sofia viene coinvolta nei drammi interni delle persone disadattate nel castello, bensi’ con le guerre esterne fra regni e maghi. Mentre Sofia s’innamora con Howl, scopre il suo lato scuro, i suoi demoni interni ed il suo desiderio di essere libero per sempre. Col tentare di aiutare Howl e Calcifer dalle forze dell’oscurita’, Sofia salva pure se stessa. La pace viene realizzata con amore, sacrificio ed perdono. La bonta’ trionfa sulla cattiveria.
Nel corso del film, l’apparenza di Sofia cambia varie volte da anziana a giovane dipendendo dal suo stato d’animo. Quando Sofia si sente attiratta al fascino di Howl, appare giovane e quando e’ presa dalle preoccupazioni, s’invecchia. La trasformazione finale di Sofia, mostrata con capelli bianchi ed il viso da giovane, indica che il suo viaggio ha raggiunto un punto di equilibrio, bilanciando la gioventù e la maturita’.
Questa incantevole storia d’amore e di maghi è uno spettacolo visivo sensazionale di colori brillanti, dettagli intricati oltre agli effetti da suono incredibili. Hayao Miyazaki sostiene l’interesse dello spettatore sia dal punto visivo che narrativo, rendendo difficile a mantenere gli occhi via dallo schermo. Il risultato è una fantasia incantante ed un capolavoro artistico degno da vedere.
Ester Molayeme, Los Angeles , CA
Recensione n.4
Il maestro Hayao Miyazaki parla un linguaggio universale in grado di superare qualsiasi confine e di raggiungere direttamente il cuore. Non ci sono trucchetti da sceneggiatore consumato o furbe trame per invischiare l’emotivita’ dello spettatore, ma un semplice narrare toccando le corde dell’inconscio. La grande capacita’ di Miyazaki e’ di costruire un’impalcatura razionale imprescindibile, che consente un’istintiva immedesimazione, e di arricchire continuamente il racconto con dettagli capaci di aprirsi un varco in quel punto oscuro e ben difeso dove nascono le emozioni. Anche con “Il castello errante di Howl”, passato frettolosamente nella bolgia di titoli presentati al Festival di Venezia dell’anno scorso, il miracolo si compie. Lo spunto e’ un romanzo fantasy per ragazzi, scritto dall’inglese Diana Wynne Jones, ma l’epoca vittoriana e l’ambientazione europea non limitano in alcun modo la creativita’ del regista che riesce, con la consueta sensibilita’, a comunicare un punto di vista prezioso. Come ne “La citta’ incantata”, la protagonista e’ una ragazza che deve affrontare una sorta di percorso iniziatico per trovare se stessa e il proprio posto nel mondo; e come in tutte le sue opere, bene e male viaggiano a braccetto, facce intercambiabili di un’unica medaglia. Attraverso una leggerezza priva di giudizio e di fastidiosi intenti educativi, Miyazaki racconta le difficolta’ della vecchiaia, la necessita’ di credere in se stessi e nelle proprie capacita’, l’assurdita’ della guerra, il potere salvifico dell’amore. Nella visione del regista nulla e’ mai come sembra e ogni incontro puo’ celare un’opportunita’ o un pericolo. Il suo film e’ un invito a non fermarsi all’apparenza delle cose, ma a buttarsi senza rete nell’intrico della vita, imparando ad accettare cio’ che la vita stessa puo’ offrire. Senza rassegnazione, ma lottando per acquisire una consapevolezza il piu’ delle volte risolutiva. La profondita’ dei temi trattati passa attraverso una forma superlativa, in cui la tecnica e’ al servizio del racconto. Perfettamente caratterizzati i personaggi, mai banali nell’ambivalenza che li contraddistingue, ed equilibrata la narrazione, a volte cupa, altre volte rassicurante, ma sempre dosata con grazia e acume. Molte le sequenze da mozzare il fiato: dalla passeggiata iniziale nel cielo, con cui Howl salva la giovane Sophie dai demoni, alla trovata geniale di una porta in grado di aprirsi ogni volta su paesaggi diversi. Dando concretezza ai sogni, il maestro Miyazaki costruisce un’altra opera importante, in cui il cartone animato incontra la poesia e diventa emozione.
Luca Baroncini da www.spietati.it
Recensione n.5
C’è tutto il cinema di Miyazaki nell’ultima fatica del maestro: Il Castello errante di Howl. Un cinema fatto di innocenze, di credenze, spiriti e magie che sono reali e comunemente accettati. C’è tutto il suo retroterra cultural/politico, dal pacifismo insistito (derivazione più o meno implicita del suo essere marxista) all’amore inteso come mezzo salvifico. Come in La città incantata, Il Castello si propone di raccontare la storia di una crescita, di una presa di coscienza. Ma in maniera dicotomica rispetto al film vincitore dell’Oscar e dell’Orso d’oro, il passaggio non è dall’infanzia all’adolescenza, ma dall’adolescenza alla maturità adulta. In questo Il Castello si pone come l’esatta continuazione di La città incantata, la sua naturale prosecuzione. Se Chihiro imparava a vivere, Sophie impara come vivere, scoprendo inevitabilmente l’amore (l’ultima scena del film ritrae un bacio, gesto inusuale nell’opera di Miyazaki e qui ripetuta insistentemente), i dolori e gli effetti della vecchiaia, la morte. Sophie è un personaggio che compie la sua passione con rassegnazione,conscia del ruolo che essa avrà nella sua esistenza; infine il marchio che ne segnerà la compiutezza saranno appunto i capelli grigi, simbolo di maturità. Ma quello del valore cromatico è elemento decisivo all’interno del film, basti pensare ai capelli di Howl, tinti di biondo, che Sophie farà tornare neri, suo colore naturale, come scopriremo nella splendida sequenza in cui ella è immersa nel passato del suo amato. Il Castello errante di Howl è un film bellissimo, pur non risultando fra i migliori di Miyazaki. Pesa sicuramente il fatto di essere summa dei lavori precedenti, ma anche la presenza imponente della morte, dell’aspetto adulto, che smorza quell’innocenza e quella magia che ci aveva incantato precedentemente. Di fatto, esso risulta essere un incrocio fra La città incantata e Porco rosso. Nonostante ciò Il Castello mescola sapientemente poesia (visiva, ma anche di sceneggiatura) con un’intricata struttura narrativa, capace ancora una volta di farci sognare, dimenticare quanto l’esistenza sia immersa nel più banale e assurdo pragmatismo.
VOTO: 7/8
Andrea Fontana
Recensione n.6
Miyazaki riceve il premio alla sua maturità. Alla sagezza conquistata sulla pelle immaginaria di figure reali, che rappresentano altro dall’umano., emanazioni di sentimenti ed evanescenze, ricordi ed appigli storici. Attraverso un peculiare gusto ricostruttivo ed una perizia insolita nel disegno, tipicamente nipponico, con i suoi spigoli, le sue ampollosità luminose, il regista ci immette in paesaggi Europei di fine Ottocento, di fiere, vivaci ridondanze, fondali quasi fiamminghi.
Una ragazza affronta con leggerezza e tenacia la sua vecchiaia, colpo di vento, frutto di una maledizione che nella sua perentorietà si rivelerà estremamente cangiante, a seconda delle inclinazioni del viso e del corpo del personaggio colpito. La sua maledizione è legata ad un’altra, quella di una figura grottesca tipicamente Myiazakiana, ovvero la strega delle Lande dal collo fagocitante e obbrobrioso. Nel già invischiato frangente la piccola sarta Sophie si imbatte nel già incontrato mago di Howl, che di quel maleficio è custode e che ne è carnefice e vittima. I due comunicheranno attraverso la consueta galleria di personaggi intermedi e non minori, il fuoco che muove il castello voltafaccia, Cypher, il bambino barbuto all’occorrenza, senza toccarsi davvero per parte integrante del film.
Al di là della trama intricata dal film si astrae il corpo perverso e splendido del mago, l’unicità dei legami, e una costante presa di coscienza di travestimenti e cristallizazioni che colpiscono ogni singolo essere, e che attraverso il fittizio lo svelano copiosamente, lasciandolo debordare da sè.
La storia ha meno umori ancestrali, meno sangue e ferite rispetto al suo predecessore La città incantata, ma offre una galleria umana e postumana lontana comunque da ogni tentazione manichea, e un’interpretazione speciale della vecchiaia come evoluzione, remissione, chiusura nel proprio sè apparentemente remissiva e sapientemente ascetica.Non c’è vera vecchiaia ma solo segni, rughe preziose che si acquattano su personaggi sempiterni. La comprensione desiderata, e l’interesse per l’altrui segreto allontanano dal baratro.
Nell’epilogo, definito “infantile”, melenso, in realtà nulla è riconciliato. La vanità di Howl è scomparsa così come il ciarpame del castello, e i capelli di Sophie recano l’impronta del viaggio con il loro colore argento. Nella bellezza dei suoi caleidoscopi, Hayao Miyazaki insegue l’essenza.
Chiara F