Un’ingannevole bambola è la protagonista di un gioco mortale che coinvolge tutti coloro i quali entrano in contatto con lei in questa commedia horror dominata da una vena di erotismo soprannaturale. Uno scultore frustrato perde il controllo quando la sua ragazza insulta il suo lavoro e minaccia di lasciarlo, e in un’esplosione d’ira la uccide. Lo scultore nasconde il corpo della donna all’interno di una bellissima bambola a grandezza naturale, ma il suo spirito ritorna in cerca di vendetta. Ogni qual volta cambia di proprietario la bambola seduce gli uomini portandoli ad una truculenta morte.
Noia mortale
Il filone degli horror con protagonisti bambole e bambolotti assassini è uno dei più ricchi e vecchi della storia del cinema. Dalla figura del Golem plasmato dalla creta e ridestato alla vita per difendere la comunità ebraica (Paul Wegener, 1920), ai cyborg assassini di “Alien” e “Terminator”, fino alla recente saga di Chucky (“Seed of Chucky”, 2004). Sebbene la tradizione del genere sia dunque ricca di spunti e continue rielaborazioni il film di Sherman ha poco da aggiungere e si segnala piuttosto per la noia mortale che cala come un sudario sulla pellicola fin dalle prime scene.
La storia vede un artista pazzo che in un accesso d’ira uccide la propria amante e per nascondere il corpo la trasforma in una bambola sensuale. L’anima della donna però sopravvive nel corpo della bambola e per vendicarsi causa la morte dell’artista e di tutti gli uomini che ne entrano in possesso. Attratti dalla sensualità delle forme gli uomini arrivano ad uccidere per possedere la bambola, fino all’inevitabile epilogo finale.
Cos’altro dire sul film d’esordio di Sherman? La fotografia è abbastanza curata ma stucchevole, la regia annaspa nel tentativo di rendere interessante la vicenda con qualche velleità formale, e la recitazione non è richiesta da un copione che non prevede altro se non esibire abbondantemente le grazie di Romi Koch. A conti fatti non rimane molto di questo filmetto prodotto dalla Shot e della Filmaker Resource, a parte un azzeccato motivo musicale di Bobby Johnston che accompagna le immagini dall’inizio alla fine. Effetti speciali di make-up firmati da Masami Sato e Stacy Lane (qualcuno li ha mai sentiti? Io no) che non lasciano il segno, il gore si limita a qualche macchia rossa sul volto degli attori. Se il sangue latita sono invece molto numerose le scene di nudo con grazie femminili bene in vista. A questo punto tanto valeva fare un filmetto erotico senza perdere tempo nella messa in scena dell’orrore. A meno che Sherman non puntasse alla riflessione sul rapporto tra vita e arte, e tra sesso e violenza, in questo caso non solo il film lascia a desiderare ma è anche un bel po’ presuntuoso. VOTO: 4
Massimiliano Troni (vedi http://xoomer.virgilio.it/profondocinema/)