Regia di Neil MARSHALL
con MyAnna Buring, Craig Conway, Natalie Jackson Mendoza, Molly Kayll

Gran Bretagna 103’ Natalie Mendoza, Saskia Mulder, MyAnna Buring, Nora Jane Noone, Alex Reid, Shauna Macdonald

Recensione n.1

Un gruppo di amiche decidono di esplorare una misteriosa grotta, abitata da creature carnivore…e pare non esserci uscita…Fulminante opera seconda di Neil Marshall, che dopo Dog Soldier incanta il Lido con questo splendido film di chiusura del festival. Ritmo serrato, ambienti claustrofobici, protagoniste cattive e credibili, alla faccia delle donne “brave ragazze”. Da vedere! Voto 8

Vito Casale

Recensione n.2

The Descent si avvia a diventare un importante cult movie.
Se il giovane regista inglese Neil Marshall, voleva riservare spiacevoli sensazioni agli spettatori claustrofobi di tutto il mondo, possiamo tranquillamente affermare che la sua missione si è compiuta appieno.
Singolare anche il fatto che la pellicola provenga dal Regno Unito, terra che tradizionalmente ben poco aveva regalato al genere fantasy horror.
Prodotto ben confezionato e girato quasi interamente in studio che dispensa una particolare carica di adrenalina.
Sei speleologhe e free climbers, amanti dell’avventura, decidono di esplorare delle caverne sotterranee presumibilmente inviolate. Tra tre di loro, in apparenza amiche, esistono vecchie tensioni. In particolare, Sara è reduce da un incidente stradale nel quale sono morti il marito e la piccola figlia. Un dramma che ha segnato, con effetti diversi, anche le due amiche. A due miglia di profondità della superficie, tra cunicoli angusti e ossari sotterranei, le sei donne si trasformeranno in guerriere per affrontare non soltanto i fantasmi che si annidano nelle loro menti ma anche quelli che affollano il buio delle caverne senza uscita.
Marshall ha grande talento visivo, si era gia parlato bene del suo esordio con Dog Soldiers, ma supera anche l’esame della seconda prova, con il massimo dei voti. Certo, the Discent non è un film perfetto. Sceneggiatura esile, dialoghi a tratti prevedibili, ma rende estremamente difficile scollarsi dalla poltroncina e restare estranei al dramma delle protagoniste. E’ un omaggio dichiarato al Boorman di “Un tranquillo week end di paura” ma dello storico film con Burt Reynolds condivide solo la location dei Monti Appalachi ed, in maniera più leggera, il tema dell’animalità insita in ogni uomo pronta ad esplodere a cospetto di una natura non proprio vergine ed incontaminata.
La struttura narrativa, concepita inizialmente come un thriller psicologico, vira improvvisamente verso l’action movie vampiresco. Tuttavia, pur ricordando nella sua evoluzione “Dal tramonto all’alba “ di Rodriguez, la seconda parte del film non è banale e scontata ma riflette in maniera completa le intenzioni del regista. Pur facendo sfoggio di citazioni cinefile importanti, come la ripresa dall’alto della strada nel bosco che rimanda a Shining, il volto insanguinato di Sara come Sissy Spacek di Carrie, Marshall sembra essersi inspirato più alle atmosfere claustrofobiche di Alien, ad alcune cose di Jhon Carpenter ed ad una certa produzione cinematografica di serie B che al thiller psicologico. Forse il film sarebbe risultato più interessante se le protagoniste fossero state costrette a combattere contro dei nemici invisibili, è innegabile però che le creature del buio sono abbastanza ripugnanti così come sono affascinanti “toste” e credibili tutte le attrici.
Il doppio finale non può lasciare indifferenti. In fondo, anche per definizione, i fantasmi non muoiono mai e dopo una discesa verso le tenebre è quasi impossibile rivedere la luce.
Voto 8

Francesco Sapone

Recensione n.3

L’horror è uno dei generi cinematografici che trova più estimatori, ma alla grande quantità dell’offerta corrisponde una limitata qualità, con pochissimi titoli in grado di fissarsi nella memoria e pochi capaci di fare il loro dovere di dispensatori di brividi. Per tacere delle frequenti operazioni commerciali, che trovano nel riciclo l’unica ispirazione, e delle innumerevoli promesse di terrore supportate da un marketing ingannevole che si risolvono perlopiù in sbadigli. A rinvigorire il genere, e a soddisfare finalmente gli appassionati, arriva dall’Inghilterra Neil Marshall, già regista di “Dog Soldiers”, successo in patria mai giunto sui nostri schermi. Il giovane regista anglosassone non inventa nulla, nel senso che mette in scena una storia ordinaria e conflitti tra i più classici, ma sceglie un’ambientazione originale (una grotta che si allunga nelle profondità della terra) e organizza il racconto con grande senso dello spettacolo e rispetto dello spettatore. Per una volta, infatti, niente amici gigioni, super belli in vetrina, battutone stupide, eroismi d’accatto, insomma poche concessioni allo stereotipo, con un gruppo di amiche e conoscenti che ha il sapore della verità e consente immediata empatia. La prima parte di attesa, inoltre, non serve solo, come spesso accade, per far raggiungere al film il sufficiente minutaggio e per dare un fugace volto alla carne da macello, ma costruisce personaggi sfumati in cui è possibile credere, aspetto spesso trascurato e invece determinante per dare sostanza alla paura. Grazie quindi alla suggestiva scenografia (il set è stato costruito ai Pinewood Studios di Londra), all’abilità del direttore della fotografia Sam McCurdy nell’utilizzare con estro e plausibilità le poche fonti luminose disponibili, alla riuscita progressione della sceneggiatura e a una regia che accumula la tensione per farla esplodere al momento giusto, la calata delle sei amiche nel sottosuolo diventa un vero e proprio viaggio nelle paure più ancestrali: il terrore degli spazi angusti (la sequenza della ragazza incastrata tra le rocce si rivela una delle più angoscianti), il senso di abbandono, la consapevolezza di non avere la benché minima speranza di salvezza, l’inevitabile sopraggiungere del panico. Tutte sensazioni che si respirano nella prima parte per poi divampare con forza nell’incontro improvviso, e davvero spaventoso, con le creature del buio. Una resa dei conti animalesca e radicale che si affida a svolte più che rodate (la dispersione del gruppo, il countdown delle vittime, il sangue a fiotti) ma ha anche il coraggio di affiancare alla pura azione uno sviluppo psicologico dei personaggi. Anche il finale, che gioca con sadismo sulla presunta voglia di lieto fine del pubblico, non delude. Inutile, infine, arrovellarsi sulla possibile misoginia che trapela dal racconto. La scelta di un microcosmo femminile deriva dal tentativo di impostare con originalità la stessa storia di sempre e non pare racchiudere secondi fini, punti di vista velati dal pregiudizio o critiche sociali latenti. Neil Marshall, infatti, punta dritto alle viscere dello spettatore e centra perfettamente il suo unico obiettivo: spaventare.

Luca Baroncini de Gli Spietati

Recensione n.4

Ragazzi premetto subito che sono almeno 5 anni che aspetto un horror così!!!
Essendo me medesimo grande appassionato di cinema gore e trash più assoluto, sono di gusti piuttosto difficili ed enormemente scettico sugli horror della nuova generazione. Penso sia stato l’unico film negli ultimi anni ad avermi incollato allo schermo per un’ora e mezza, e poi ho fatto pure fatica a staccarmi.
Storia semplice: un gruppo di amiche si ritrova ogni tanto per compiere la loro avventura annuale. Si parla di sport estremi, tipo esplorare una cava sotterranea incontaminata, che voglia!
L’inizio del film è scioccante e ci toglie ogni parola e commento (ma ho sbagliato sala? Ma non era un film d’avventura?). Pronti via, due cadaveri! Magnifico, allora fai sul serio, adesso devi stupirmi però…e il caro Neil Marshall ci riesce in pieno. Ci porta nell’oscurità delle grotte sotterranee e in 50 minuti di film l’ansia cresce, cresce e non si ferma…ma perché? Perché sentiamo che sta per accadere qualcosa, o meglio, lo vogliamo fortemente, d’altronde le immagini, i colori forti come il nero e il rosso delle luci artificiali non lasciano presagire nulla di buono!
Orchi? Troll? Pipistrelli? Alieni? No. Molto di più. Nonostante la situazione ci metta dalla parte delle ragazze che non sanno più dove andare, e lo spirito materno che ognuna di esse mostra verso l’altra ci impietosisca, l’attenzione si focalizza su di lei: la creatura!!!
Mi sembra chiaro che il regista abbia visto più di una volta il capolavoro assoluto di Murnau datato 1922, Nosferatu. Già, proprio così. Non ci vede, ma si è adattato perfettamente all’oscurità e quel che è peggio è che assomiglia al principe della notte. Pelato, orecchie a punta e dentatura a metà tra un vampiro e uno squalo, in due parole semplicemente sublime. L’essenza del male: privo di emozioni, rimane solo istinto, istinto di sangue.
E’ un gran film horror contando che non ci siano effetti speciale esagerati in stile Hellraiser o From Beyond; i morti viventi e i licantropi non sono più di moda, è il tempo dei vampiri mutanti!
Voto 8

Emilio Sicilia

Recensione n.5

Voto (da 1 a 5): ***1/2
Oooooollà, finalmente un bel film thriller-horror in stile “Un tranquillo week end di paura con i freak” come non se ne vedevano da tempo!

Va bene, non sarà un capolavoro, ma avercene di film così cattivi, che non si preoccupano (anzi, godono proprio!) di mostrare qualche ettolitro di sangue e a farci sobbalzare sulle poltroncine. Era ora!

Dell’inglese Neil Marshall mi sa proprio che dovrò recuperare il suo primo film (questo è il secondo), quel “Dog Soldiers” premiato un po’ ovunque, ma che ha tanti sostenitori quanti detrattori. Vedremo.

Per ora questo “The descent” ha tutte le carte in regola per renderci ottimisti sul futuro di questo regista/sceneggiatore: se siete proprio claustrofobici, o se anche solo vi inquieta restarvene in ascensore per pochi istanti per scendere a prendere il latte in cantina, beh… questo è il vostro film! Personalmente, infatti, non ho grossi problemi con gli spazi angusti (ho pur sempre un casco da infilare sul mio capoccione…), ma questa pellicola una certa irrequietezza addosso me l’ha messa.

DA TENERE:

Decisamente l’ambientazione. Pensare che quasi tutto il film è stato girato in studio ha dell’incredibile.

DA BUTTARE:

Poco o nulla. Va bene, certe piccole ovvietà si sarebbero potute risparmiare, ma alla fine è il risultato quello che conta.

CONSIDERAZIONE FINALE:

Andate a vederlo (e di corsa, perché non è molto pubblicizzato ed è malamente distribuito, perciò non durerà a lungo nelle poche sale che lo proiettano)!

Ben