Regia di Cameron Crowe
Usa 133’ Orlando Bloom, Kirsten Dunst, Susan Sarandon

Recensione n.1

Conosciutisi in aereo, i due protagonisti formano la classica copia per caso, mentre la Sarandon balla il tip tap.
Commedia sentimentale made in Usa, con vezzi d’autore. Un pre finale lungo e slegato rovina completamente un film comunque modesto. Fossi nel regista lo rimonterei e taglierei qua e là. Orlando Bloom è del tutto inespressivo, sarà una scelta voluta?

VC

Recensione n.2

Cameron Crowe è un regista e sceneggiatore che arriva al cinema dopo anni di c itica musicale. Almost Famous infatti, suo precedente ilm, raccontava il mondo delle rockstar e delle aspirazioni giornalistiche – musicali di un giovane alle prese con una rock band in ascesa. Anche con “Singles”, certamente più modesto, Crowe cercò di “fotografare” la scena musicale di Seattle e del grunge senza riuscire ad evitare sentimentalismi di maniera classici del suo modo di fare cinema. In Elizabethtown assistiamo al goffo tentativo di riconciliare la sua passione per la musica, ottima colonna sonora, al solito tema della storia d’amore inaspettata che riconcilia il protagonista – Orlando Bloom – con la vita dopo un clamoroso e depressivo fallimento. In qualche modo, una storia già vista nel sopravalutato “Jerry Mcguire”. Elizabethtown è un dichiarato omaggio a Billy Wilder,
mito del regista. Tutto sommato una commedia a tratti gradevole che però registra più bassi che alti. E’ un tentativo poco riuscito di raccontare usi e costumi della provincia americana attraverso il viaggio on the road e on the rock dei due protagonisti. Drew- Bloom – è un designer di scarpe che in un solo giorno provoca il fallimento della ditta presso cui lavora e viene lasciato dalla ragazza. Come se ciò non bastasse, deve partire per il Kentucki per recuperare le ceneri del padre che non ha mai visto e riportarle a casa, dove lo attende la madre con la quale vive, Susan Sarandon. Durante il viaggio, Drew conoscerà una hostess della quale si innamorerà abbandonando la depressione e ritrovando la via del successo. La versione sui nostri schermi è abbondantemente ridotta rispetto a quella presentata a Venezia, dove non raccolse molti consensi. Il risultato però non cambia. Dialoghi prolissi, scontati e stucchevoli. Attori fuori luogo come Kirsten Dust e lo stesso Bloom e, nel contempo, una Susan Sarandon spassosa ed in stato di grazia. Unica nota positiva insieme al sound track. Qualche scena gustosa come quella del rito funebre assolutamente sui generis e un happyending del tutto scontato. Film sentimentale girato con furbizia che piacerà tanto alle ragazze. Un po’ poco, considerata la quantità di carne che Crowe aveva intenzione di mettere al fuoco con la sceneggiatura.

Francesco Sapone

Recensione n.3

Voto (da 1 a 5): ***1/2

I due peggiori film di Cameron Crowe sono stati quelli realizzati insieme a Tom Cruise: “Jerry Maguire” e “Vanilla Sky”. Del tutto naturale, perciò, tremare un po’ alla visione della scritta “Prodotto da Tom Cruise”, ma, evidentemente, se il buon vecchio Tom ci mette solo i dollaroni di danni non ne fa. E non ne ha fatti neanche qua, perché “Elizabethtown” è davvero un buon film.
Certo, una pellicola così o la ami o la odi, di terre di mezzo non ce ne sono: se stai al gioco, lasciandoti trasportare dalle improbabili vicissitudini di due ragazzi che s’incontrano grazie al solito destino (ma non è sempre così?), accettando parabole filosofeggianti sulla rinascita in seguito a lutti e fallimenti, allora tutto “fila liscio come l’olio”. Se, di contro, tutto ciò vi sembra puerile, presuntuoso o, più semplicemente, sciocco… statene alla larga, perché non reggereste dieci minuti delle due ore di durata del film.
DA TENERE:
Questa volta le cose da tenere sono un bel po’.
Ok, le musiche, certo: Cameron Crowe era un giornalista del “Rolling Stone”, ecc. ecc. Grande colonna sonora, indubbiamente.
Anche l’intero cast mi ha piacevolmente sorpreso: se certi personaggi di contorno sono sempre una garanzia nei film americani (e questo è innegabile), i due protagonisti se la cavano alla grande, riuscendo ad essere credibili in un contesto che spazia dal drammatico alla commedia. E ancora da tenere è l’ambientazione, una provincia americana magari un po’ rustica, ma calda e accogliente come non potrà mai esserlo nessuna grande città. Sto generalizzando, sì, ma questa è pur sempre una commedia e qui i serial killer in Stevanin-style, cresciuti anche loro in mezzo alla sana campagna e con solidi principi, non c’entrano proprio una cippa. Infine la regia: pulita, senza troppi fronzoli, innamorata follemente dei personaggi che manovra con astuta meticolosità. Insomma, Cameron Crowe è fatto per questo tipo di film: “Non per soldi… ma per amore”, “Singles – l ‘amore è un gioco”, “Quasi famosi”, lavori più personali, più sentiti.
DA BUTTARE:
A me Elton John piace, così come il fatto che il regista abbia scelto un pezzo non molto sfruttato del suo repertorio, però… però decidere d’ inserirlo per ben due volte proprio quando si rievoca un vecchio legame familiare… beh… forse è un po’ troppo.
Ah, qualcuno nella storia ha a che ridire su quelli che si chiamano “Ben”: ué, ma stiamo scherzando?!?

BenSG