Recensione n.1
Sokurov completa la Trilogia sul Potere, iniziata con Moloch (incentrato sulla figura di Hitler) e continuata con Taurus (splendida rappresentazione di una Lenin morente), illustrando i giorni in cui l’imperatore giapponese Hiroito rinuncia alla sua discendenza divina alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Come nei due film precedenti Sokurov mette in immagini figure umane per nulla esaltate, anzi ridicolizzate da tick e ossessioni. La figura femminile funge da Beatrice salvifica, mentre la nebbia che caratterizza le tre pellicole è simbolo della Storia, inevitabilmente viziata e corrotta da non-oggettività (storica, appunto). Se però Moloch e Taurus consideravano i protagonisti come incancreniti dalla loro sete di potere e dalla convinzione ideologia che li caratterizza, Il sole si distacca dalla tradizione precedente per illustrare un personaggio che poco ha a che fare con gli altri due. Hiroito è un uomo semplice, che rifiuta la sua essenza divina perché consapevole del peso (morale più che politico) che essa comporta. Non è un caso che egli rida e si rilassi una volta presa la decisione definitiva di “divenire uomo”.
Sokurov si diverte anche a esaltare il contrasto culturale fra Giappone e potenza vincitrice: Stati Uniti. Nella sequenza in cui gli americani fotografano l’imperatore è dimostrata tutta la loro mancanza di comprensione (ma soprattutto l’assenza di intenzione) di una cultura raffinata e delicata come quella nipponica. Fatto sottolineato ulteriormente dall’incontro tra Hiroito e il generale McArthur, il quale urla e si atteggia al suo cospetto.
Il sole è un film di sbirciate, gli uomini osservano di nascosto il Dio discendente dalla Dea Sole Amaterasu, lo spiano in continuazione e solo attraverso ciò ne comprendono la sua vera essenza umana.
Il sole non è di certo il miglior film si Sokurov né il migliore della trilogia, poiché è privo di quell’elemento metafisico che contraddistingue tutto il cinema sokuroviano (si pensi a Madre e figlio, Arca russa, Elegia di una viaggio o Elegia orientale). Ma comunque conferma le doti registiche e fotografiche del maestro russo, che senza remore è affiancabile ai Grandi della Settima Arte.
VOTO: 7
Andrea Fontana
Recensione n.2
Il nuovo film di Sokurov esprime due mondi divisi dall’incomprensione. L’impero americano vittorioso al cui apice in Asia compare il gen. McArthur e l’impero giapponese il cui unico simbolo è la figura dell’imperatore Hiroito. Questi due personaggi sono il fulcro di un film che utilizza la ricerca storica per approdare a un senso mistico dell’esistenza. Entrambi i personaggi rappresentano, da una parte, il loro ruolo istituzionale, costruito in base alla ricerca storica precisa e dettagliata del regista, dall’altra, sono il simbolo di un potere storico in evoluzione, quello americano, e uno in decadenza, quello giapponese, che nel confronto della seconda guerra mondiale appaiono come due aspetti tragici e intensi dell’immutabile percorso della storia. L’imperatore Hiroito appare come una figura infantile schiacciata dal peso delle sue responsabilità e dal corso degli eventi, oramai immutabili, contemporaneamente, però, sembra anche un uomo consapevole del meccanismo che lo circonda e della necessità di scegliere fra l’autodistruzione del suo popolo e l’abdicazione del ruolo divino dell’imperatore per favorire le riforme imposte dagli americani. In questo sottile e velato confronto Sokurov tratteggia un Hiroito complesso, difficile da capire difronte alle complessità della sua intelligenza e del suo ruolo. Mentre disegna un Mc Arthur, meno evidente nel film, come un volgare giocatore di abili trame diplomatiche che però alla fine comprende la delicatezza della cultura giapponese e la sua chiave di accesso: in una mirabile scena dove il dialogo tra l’americano e il giapponese diventa simbolicamente il primo tassello per un incredibile rapporto politico fra Giappone e Usa.
L’aspetto metafisico riguarda l’intenso ruolo umano e spirituale di Hiroito, in particolare, difronte al meccanismo decadente e folle del potere in cui la tradizione millenaria del popolo giapponese si mostra nella barbarie della guerra e della disfatta. Esemplari a questo riguardo sono la scena del consiglio di guerra del governo giapponese in cui Hiroito parla di pace citando una poesia del padre, e il ministro della guerra propone di lanciare dei cani imbottiti di esplosivo contro gli americani, e la scena di assura normalità in cui Hiroito parla della bomba atomica sganciata su Nagasaki mentre McArthur risponde abbassando gli occhi: “non ho dato io l’ordine”.
Fulvio Caporale