Scheda film
Titolo originale: La tierra y la sombra
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: César Augusto Acevedo
Fotografia: Mateo Guzman
Montaggio: Miguel Schverdfinger
Scenografie: Marcela Gomez Montoya
Costumi: Maria Camila Botero
Suono: Felipe Rayo
Colombia/Francia/Olanda/Cile/Brasile, 2015 – Drammatico – Durata: 94′
Cast: Haimer Leal, Hilda Ruiz, Marleyda Soto, Edison Raigosa, José Felipe Cárdenas
Uscita: 24 settembre 2015
Distribuzione: Satine Film
Sale: 16
Zucchero amaro
Dopo anni di lontananza, Alfonso (Haimer Leal), un anziano lavoratore della canna da zucchero, torna nel suo piccolo paese, ricoperto da piogge di ceneri dovute allo sfruttamento industriale delle piantagioni, per confrontarsi con la sua famiglia abbandonata all’epoca: la moglie, che serba ancora rancore; il nipote praticamente mai conosciuto, la nuora ed il priorio figlio Gerardo (Edison Raigosa), molto malato e con i giorni contati. Riallacciare legami da tempo spezzati sarà necessario quanto difficile. Ma il destino di tutti non sembra essere lì…
Il colombiano César Augusto Acevedo è un giovanissimo autore (classe 1987) che si è affacciato con successo all’ultimo Festival di Cannes, dove ha conquistato con questo suo primo film la Camera d’or. La sua intenzione era quella di girare una pellicola proprio sulle piantagioni di canna, essendo nato e cresciuto a Cali, nella Valle del Cuaca, una provincia in Colombia dove esse costituiscono la base dell’economia.
Tre sono i temi portanti del film, due già annunciati dal titolo originale ed uno presente fin dalle prime immagini: la terra, l’ombra e la famiglia. La terra, ossia le nostre radici, ciò su cui poggiamo i nostri piedi – guai non sia così! – ed anche ciò che viene mina(ccia)to dal progresso, portando così alla luce l’eroismo delle popolazioni rurali. L’ombra, intesa come i ricordi destinati a rimanere, quale ad esempio quella di un albero che, se pure esso smetterà un giorno d’esistere, rimarrà negli occhi e nelle anime di chi l’ha vista, compagna salda e fedele. La famiglia, in particolare quella di Alfonso, è un microcosmo che rispecchia realisticamente ferite e dolori più grandi, forse anche universali.
Il cinema di Acevedo è molto rigoroso, duro, fatto di quadri spesso fissi, con pochi carrelli, niente musiche ma solo canzoni e senza quelle corse nelle piantagioni che invece caratterizzano da sempre tanto cinema statunitense. Un mondo fragile non vuole essere infatti spettacolo, ma denuncia, riflessione, introspezione anche.
Riesce così ad entrare sotto la pelle, come il destino incessante dei suoi protagonisti, che proveranno, ognuno a suo modo, a scansarlo.
RARO perché… è un film rigoroso, anche duro.
Voto: 7
Paolo Dallimonti