Scheda film
Regia: Stephen Frears
Sceneggiatura: John Hodge
Fotografia: Danny Cohen
Montaggio: Valerio Bonelli
Scenografie: Gabriella Villarreal
Costumi: Jane Petrie
Musiche: Alex Heffes
Gran Bretagna, 2015 – Biografico, Drammatico – Durata: 103′
Cast: Ben Foster, Chris O’Dowd, Dustin Hoffman, Lee Pace, Jesse Plemons. Elaine Cassidy, Guillaume Canet, Laura Donnelly
Uscita: 8 ottobre 2015
Distribuzione: Videa

Oltre il limite

Quando si sentono certi eventi di cronaca legati al doping e alle partite truccate, sorge spontaneo domandarsi quali sono i limiti umani? E soprattutto perché si sceglie di oltrepassarli? Solo per la sete del successo?
Lungi da noi far del moralismo, sono interrogativi che crediamo baleneranno nella mente di ognuno guardando The Program di Stephen Frears, l’ascesa fulminea e la drammatica caduta di Lance Armstrong (straordinariamente interpretato da Ben Foster, verosimile anche fisicamente). Anche chi conosce la storia del discusso ciclista americano, si ritroverà a rivivere passo passo tutto ciò che Armstrong ha messo in atto e pensato – talvolta, forse, con una naturalezza tale per cui nasce l’idea che la consapevolezza di ciò che stava facendo si sia rafforzata sempre più. La sceneggiatura di Hodge è molto certosina nella ricostruzione, si basa sul libro “Seven Deadly Sins: My Pursuit of Lance Armstrong” del giornalista David Walsh, la cui vita si è intrecciata prima per caso, poi volutamente con quella del campione. A tratti sembra quasi di vivere in presa diretta il tutto. Si parte con lo sportivo, sul suo sellino, su un percorso in montagna, l’inquadratura sghemba quasi asseconda il movimento dell’uomo; poi il ritmo cambia, l’afflato del paesaggio lascia il posto alla velocità e a immagini di repertorio che ogni tanto fanno capolino.
I nomi delle prime sostanze iniziano a girare, su tutte l’EPO (l’eritropoietina, legalmente venduta in Svizzera a suo tempo). Si avverte che Armstrong ha voglia di cambiare e rincorrere un sogno e con l’atto del mutare il suo corpo ci dovrà avere davvero a che fare. A consigliarglielo è il medico italiano Michele Ferrari (reso machiettisticamente anche nella cadenza da Guillaume Canet). Deve essere un duro colpo sapere che la propria costituzione fisica non aiuta i grandi successi, tanto più in gare come il Tour de France ed è questo che spinge il ciclista a sottoporsi ad allenamenti e trattamenti massacranti. Alla sua prima vittoria, però, fa la scoperta della malattia (tumore testicolare). Sembra uno scherzo del destino, ma Armstrong continua a sfidarlo cercando di remare a suo favore. Ripartire a livello agonistico dopo un cancro non è semplice, per questa scelta coraggiosa, lui, forse ancor prima l’uomo dello sportivo, era diventato un simbolo per tutti. Il resto si può recuperare in qualsiasi articolo sulla biografia sull’ex campione di ciclismo.
In The Armstrong Lie di Alex Gibney si avvertiva il coinvolgimento umano del regista che tanto credeva alla sua buona fede e a quel miracolo creato dalla buona volontà e dall’impegno, in realtà, purtroppo era qualcos’altro. L’autore di Mea Maxima Culpa al momento delle riprese del primo film era completamente caduto nella trappola di Armstrong, che metteva in campo la sua bugia anche di fronte all’obiettivo della macchina da presa.
Ecco che il titolo del film di Frears, The program, ci è sembrato che giocasse con le parole, richiamando da un lato il nome del programma di allenamento ideato da Ferrari e Joan Bruyneel (capo squadra); dall’altro ci suggerisce idealmente questo piano così ben calcolato nella negazione del doping, un meccanismo di inganni e, innegabilmente, di errori e debolezze umane.
Walsh, l’autore del libro, ha dichiarato: «Quando guardo un film sullo sport, ne resto sempre deluso perché sembra sempre come se non avessero capito nulla di quello sport o comunque non riescono a trasmetterne l’essenza. Ma in questo film si assiste ad un ritratto decisamente autentico e realistico del gruppo di ciclisti di una squadra e delle dinamiche interne del gruppo stesso. Ne sono stato davvero felice perché come giornalista ritengo importante essere precisi e autentici». Non è semplice raccontare vent’anni di vita di un uomo e di uno sportivo in circa due ore, con linearità viene snocciolato tutto, accattivando anche con le belle riprese realizzate con la macchina da presa montata sulla bici e un Foster totalmente calato nel ruolo.
Sicuramente non tutte le pellicole con questa tematica riescono a conquistare lo spettatore, anche quello meno amante dello sport, The Program, a nostro parere, ci riesce, facendoti avvertire anche l’adrenalina talvolta. Da un altro punto di vista, però, immaginiamo che per chi conosce la storia di Amstrong non aggiunga nulla, non ci sono dettagli nuovi.
Frears sceglie un archetipo umano e gli dà, certo, un respiro universale puntando sui tasti del binomio verità-bugia, che inevitabilmente contaminano ogni settore della nostra società e sono insiti in tutti noi, chi più chi meno.

Voto: 7

Maria Lucia Tangorra