Sunwoo non è un normale direttore d’albergo. Risoluto e decisionista, è anche il pupillo del boss malavitoso Kang. Ma il boss Kang possiede una debolezza: la sua giovane fidanzata Heesoo. Sospettando che gli sia infedele, Kang ordina a Sunwoo di seguirla, farle da autista e risolvere il problema, cioè il giovane che forse la corteggia. Quando Sunwoo scopre Heesoo con il ragazzo, non è capace di uccidere quest’ultimo ma costringe entrambi a separarsi per sempre, cioè non fa quello che il capo gli aveva espressamente chiesto, quindi commette un errore; da qui cominciano tanti guai.
Quest’opera ha una fotografia straordinaria, di quelle che si possono trovare nelle luci soffuse degli alberghi, nel pullulare di vita delle grande metropoli; nel “rosso” dei locali notturni dove si “illuminano” drinks and cigarettes.
Il film ci offre tanti spunti “tarantiniani” in salsa orientale, mai scontanti e mai passivamente pedissequi al cinema del grande regista americano.
Non scontate le situazioni: il lampo di bellezza e di umanità che illumina Sunwoo gli fa crollare il suo mondo interiore fatto di lavori e affari per il capo. A inizio film un po’ di saggezza orientale: “il discepolo guarda i rami degli alberi e le foglie mossi dal vento; maestro è il vento che muove gli alberi o sono loro che si muovono da soli? Il maestro indica il cuore; è il cuore che da vita a ciò che vedi, non è il vento e non sono gli alberi, ma come tu li osservi”. E’ il cambio di prospettiva e di sguardo sulla vita che cambia dentro Sunwoo. Un raggio di sole illumina il buio, e il buio non è più tale ed illumina la mente di Sunwoo, ed è il cuore stesso di Sunwoo che illumina ciò che vede.
Pregevoli le inquadrature, gli sguardi, gli ambienti, le soluzioni del regista.
E il sangue usato sempre bene, mai “splatter”. Sangue sulle fronti; Sangue sul ghiaccio; sangue sui frammenti di un bicchiere rotto di un drink nella vasca da bagno, che diviene intriso di acqua e di vetro (le vasche da bagno sono eccezionali in questo).
Non nasce una storia d’amore tra Sunwoo e Heesoo, ma cambiamenti che preludono a tanti problemi che delineano la rottura tra il boss e il prediletto. La vendetta del padrino è eccessiva; ma cos’è che lo spinge veramente dato che non c’è stato un vero tradimento e che anzi, pur trasgredendo relativamente i comandi, il “direttore” si dimostra “fedele”. Forse il capo invidia e non perdona quel raggio di vita che ha visto nel discepolo, che adesso non è più solo suo ma in qualche modo è condiviso dal giovane “direttore d’albergo”.
Tante le idee e le soluzioni del film: la vendetta degli scagnozzi sul “traditore” Sunwoo che viene sotterrato, umiliato, spaventato in ogni modo per sollecitarlo a implorare perdono al boss; la combutta con una banda di balordi e di piccoli malviventi per procurarsi pistole, con la gara a caricarla più veloce, dopo che il capo di questi gli aveva insegnato come si fa, per farli poi fuori dopo che hanno scoperto che in realtà è ormai un nemico del capo di cui dice che era venuto per suo conto a fare un rifornimento.
E poi le sanguinolente sparatorie finali, i primi piani intensi, l’uso dei cellulari e del telefono come elemento drammatico e di suspance fortemente caratterizzato.
Tante le battute che rimangono impresse, ma ricordiamo quasi a caso, tra le tante, solo alcune delle parte finale.
Saewoo si trova su una pista di pattinaggio con un suo aguzzino, che dietro la ferma intenzione del primo di farlo fuori risponde sdrammatizzando con finto humor e tanta paura:…andiamo, la vendetta non è da professionisti…
E poi la voce fuori campo finale prima di spirare, dopo che chiama con il cellulare Heesoo: “il discepolo stava dormendo quando si svegliò piangendo; il maestro gli disse se aveva fatto un incubo, ma il discepolo rispose che il suo sogno era bellissimo, ma piangeva perché non si poteva realizzare…”
Da vedere.
Gino Pitaro                   newfilm@interfree.it