Eleonora, figlia del Giudice d’Arborea Mariano IV, la secondogenita di tre fratelli, nata dopo Ugone e prima di Beatrice, forte e impavida come una giovane quercia, gentile come un cedro di Aleppo, è al tramonto della sua vita. Una forma incappucciata compare nello studiolo del Palazzo natale di Oristano per aiutarla a trapassare e a ricordare ciò che è stato e non sarà mai più…

Eleonora ricorda, il tempo passato…

L’isola è territorio di contesa fra il potente Giudicato di Arborea, che ne governa una vasta zona centro occidentale, dai monti della Barbagia, alla valle del Campidano, al mare, e l’autorevole Regno d’Aragona e Catalogna, il cui sovrano, en Pere, ne rivendica feudi, proprietà e privilegi per conto e tramite dei propri baroni e fedeli vassalli, fra i quali si distingue, per tenacia, fellonìa e crudeltà, il malvagio Valore de Ligia, uomo d’arme e d’intrighi, figlio di Sardegna asservito allo straniero.

Ed è nella circostanza di una nuova ed ulteriore aggressione di costui e della sua banda di masnadieri (fra cui spicca la presenza inquietante di una giovane donna di colore, “anima nera” del capo) ad un misero villaggio di confine, mentre è in corso, poco lontano, una battuta di caccia della Corte di Mariano, che la giovane Eleonora si caratterizza per le sue doti di furiosa amazzone e ardimentosa cacciatrice. Il Giudice, appresa dalla figlia stessa che ne è stata protagonista (dopo aver aiutato una gestante a partorire salvandola da sicura morte), la drammatica notizia, circondato dalla partecipazione degli altri figli, soprattutto dell’impetuoso Ugone che vorrebbe muovere subito contro il nemico senza porre chiacchiere in mezzo, e dal sostegno dei suoi fedeli, in nome della riscossa della “nazione sarda”, decide di dichiarare definitivamente guerra a tutti i sicari di Barcellona e agli stessi spagnoli.

Solo Brancaleone Doria, mercante discendente illegittimo della grande casata di Genova, da sempre legato alla Sardegna e all’Arborea per motivi commerciali, come molti dei suoi compatrioti, forse anche un po’ per il sentimento che prova nei confronti di Eleonora, dichiara la propria contrarietà ad un conflitto che, dal suo punto di vista, non potrà portare se non distruzione ed indigenza per tutti.

Ed il duca di Salisborough, Sir Walter, avventuriero, cacciatore d’orsi e mercenario giramondo, che ha appena salvato la principessa dall’aggressione di Valore e che, mentre lei lo invita con arditezza dell’età e del sangue a schierarsi, si chiama fuori dalla zuffa regionale, sostenendo con noncuranza e distacco la pericolosità di armi e donne, ambedue ugualmente, nella sua filosofia della vita, da evitare con attenzione.

Eleonora, quindi, assiste da pari suo alla partenza per la guerra degli uomini: il suo sesso, la sua condizione di donna medioevale, le impediscono di affiancarli e combattere con loro, ma il suo spirito ed il suo animo la rendono loro compagna, con il cuore, il valore e intrepidezza di un uomo. E, in più, la consapevolezza di un disegno storico da portare a compimento: l’unità, l’indipendenza, la modernizzazione giuridica di tutta l’isola.

Nello stesso tempo, il Castello degli Arborea e la città di Oristano vengono cinti d’assedio dalle truppe Aragonesi e dei loro amici isolani e la principessa ha così modo di mettere comunque in luce tutto il proprio coraggio. E’ instancabile nel curare i feriti, confortare le donne, organizzare la difesa, soccorrere e consolare i moribondi. E’ sempre la prima sugli spalti e nel pericolo ad aiutare e sostenere, mentre Ugone, ignaro della morsa che sta lentamente ma irrimediabilmente strangolando la capitale del Regno in procinto di capitolare, con le sue truppe compie scorrerie e mette lo scompiglio fuori dai territori del Giudicato, da Cagliari alla costa, roccaforti del nemico. Ma quando tutto per gli oristanesi sembra ormai perduto, ecco che ricompare, in una notte di luna piena, nel corso della quale Eleonora, allo stremo delle forze e della resistenza come gran parte dei suoi concittadini, si concede un’insidiosa sortita al di là delle mura, Sir Walter. Inattesa, imprevista ed imprevedibile, come il personaggio stesso, la sua apparizione ha il potere di fugare dal capo della ragazza un tentativo di assassinio orditi nell’ombra contro di lei dall’”anima nera” di Valore e, poco tempo dopo, quando ogni speranza sembrava ormai perduta, di far rimpatriare Ugone ed i suoi che mettono in fuga e definitivamente sbaragliano le forze aragonesi, ricacciandole in mare.

Nella notte di sfrenati festeggiamenti per la storica vittoria, ma anche di dolore e lutto per le tante vite perdute in suo nome, Eleonora non pensa ad altro che a ritrovare il tanto vagheggiato Salisborough, nei confronti del quale non ha potuto impedirsi, fin dal primo incontro, di provare un’attrazione tanto forte quanto istintiva, che è cresciuta col tempo e la lontananza, nonostante tutte le loro diversità ed avversioni. Lo cerca ovunque, immergendosi nelle vie e nelle piazze di Oristano brulicanti di popolo. Ed infine, lo trova: in una squallida bettola nei bassi della città, che giace semincosciente in mezzo ad un grappolo di giovani donne, e ragazzi, a pagamento, come un satiro in mezzo alle sue ninfe. La vista di quel disgustoso spettacolo di libertinaggtio senza vergogne, di pudore violato, di tradimento imprevisto e per ciò ancora più cocente, è così inattesa e crudele che la ragazza fugge via in preda alla disperazione e alla furia, verso la notte, maledicendo il proprio slancio e uccidendo in cuor suo il legame sentimentale non ancora germogliato.

E in quella notte di vergogna incontra per caso Brancaleone e gli getta le braccia al collo.

Dopo la morte del padre tanto amato e ammirato, lo sposa e lo segue a Genova, lasciando il Giudicato nelle mani del fratello Ugone e della giovane figlia di lui Benedetta, con il segreto desiderio di dimenticare.

Ma prima…

Mariano le indica un luogo dove Eleonora diventerà la principessa d’Arborea. Un eremo solitario ed abbandonato dove vive forse l’ultimo dei Cavalieri del Tempio di Gerusalemme in terra di Sardegna. Là, Eleonora impara lo Spirito e la Spada, impara la Pace e la Guerra. E le Regole dell’Ordine. Al fianco di un uomo che non avrebbe mai immaginato potesse ricomparire nella sua esistenza: Salisborough. Con lui, e sotto la guida del Maestro Templare, perde le ultime scorie della giovinezza e la verginità. Un rito di iniziazione. Prima di ripartire per il suo destino, l’inglese le dona l’arma dei Templari, una spada con il simbolo dell’Ordine.

Ora, la principessa d’Arborea è una donna determinata, sa stare al proprio posto, sa fare ciò che deve: farà la moglie e la madre senza più pensare ai giorni gloriosi della sua terra, agli ideali della sua giovinezza, alla riscossa della Sardegna per la libertà. E a quell’amore segreto che non dimenticherà mai più.

Ma il Destino, ha ancora molto da chiederle e molto presto. La sua Missione non è compiuta, anzi, è appena iniziata.

Valore, appoggiato dagli spagnoli che non hanno mai digerito le sconfitte subite dal Giudice di Arborea, ma che non se la sentono di ritentare una nuova azione militare, riesce ad intercettare, senza scrupoli, il malcontento di Signori e popolino per le cattiva condotta di Ugone, sempre più solo e cupo, rancoroso ed iniquo, e ad ordire una congiura di palazzo nel corso della quale, sempre spalleggiato e protetto dalla sua “anima nera”, uccide senza pietà Ugone e Benedetta, prendendo possesso del Giudicato.

Appresa la notizia, giuntale col pugnale ancora intriso nel sangue della giovanissima nipote, Eleonora comprende finalmente ed improvvisamente perché quella lontana iniziazione: schioda la spada dei Templari dal muro, veste la cotta e l’armatura del guerriero, affidandosi a quel cuore di uomo che per tutta un’esistenza ha dovuto nascondere e dissimulare. E’ la figlia di Mariano, la discendente degli Arborea, la vera vendicatrice e pacificatrice della “nazione sarda”.

Con questo spirito, dopo esserne rimasta lontana per così tanti anni, come un’eroina la cui mano sembra guidata dalle potenze del Cielo, torna nell’isola e, alla testa d’uno sparuto manipolo di estremi seguaci, sfida azzardatamente in campo aperto le legioni di Valore, e dei suoi alleati Aragonesi.

Ma, al suo fianco, inatteso fino all’ultimo, tutto il popolo di Sardegna si solleva e la sospinge verso la vittoria. Così, mentre il duca di Salisborough, sempre solitario, ambiguo e misterioso, torna a coprirle le spalle, Eleonora può combattere ad armi pari e viso a viso, il duello finale con i suoi più acerrimi e temibili nemici, uccidendo l’una in battaglia e l’altro nel palazzo paterno, dopo avergli piantato in gola lo stesso pugnale dalla cui lama non sono ancora scomparse le tracce del sangue innocente della sua famiglia.

La nuova Giudichessa, eletta per acclamazione, ancora grondante di gloria, giurerà sulla propria spada e sull’Arborea, di rendere la Sardegna Una, Libera e Indipendente, di dare alla propria “nazione” una Legge uguale per tutti, giovani e vecchi, ricchi e poveri, uomini e donne, una vera e propria Costituzione che passerà alla Storia del mondo con il nome di “Carta de Logu”…

E, portata finalmente a compimento la propria missione terrena, un giorno non lontano, più grigio degli altri, mentre Brancaleone, libero dalle galere Aragonesi per suo merito, ne sta continuando l’opera, dovrà arrendersi alla “chiamata” della sua più assidua compagna di vita: la sua padrona da sempre, la “Morte Nera”, sotto le spoglie del Templare incappucciato che altri non è se non…il Cristo.

Corre l’anno del Signore 1402 quando Eleonora, figlia del Giudice Mariano IV d’Arborea, secondogenita di tre fratelli, forte e impavida come una giovane quercia, gentile come un cedro di Aleppo, la “Juighissa”, muore di peste ad Oristano.