Scheda film
Titolo originale: PPZ Pride+Prejudice+Zombies
Regia: Burr Steers
Sceneggiatura: Burr Steers
Fotografia: Remi Adefarasin
Costumi: Julian Day
Musiche: Fernando Velasquez
USA, 2016 – Horror – Durata: 107′
Cast: Lily James, Sam Riley, Jack Huston, Douglas Booth, Bella Heathcote, Matt Smith, Charles Dance, Lena Headey
Uscita: 4 febbraio 2016
Distribuzione: M2 Pictures
Dopo lungaggini e ripensamenti vede finalmente la luce PPZ, tratto dall’omonimo libro di Seth Grahame-Smith che inaugurò nel 2009 la voga del mash-up letterario. Gli strascichi dell’improvvida moda, la quale si è accanita con virulenza sui romanzi di Jane Austen, generando una lunga teoria di figli deformi quali Sense and Sensibility and Sea Monsters e Mr. Darcy, vampyre, sembrano però nel frattempo essersi esauriti. E il fatto che Seth Grahame-Smith abbia già ispirato il trascurabile Abraham Lincoln: Vampire Hunter” (2012) di Timur Bekmambetov e sceneggiato in prima persona il Dark Shadows di Tim Burton non suscita certo grandi aspettative.
L’infausto connubio tra stile Regency e morti viventi è stridente in primis da un punto di vista squisitamente estetico. E’ pur vero che le estreme propaggini del gusto neoclassico dell’epoca georgiana stavano per torcersi nelle guglie e nei pinnacoli del Gothic Revival, ma la bieca putrescenza dello zombie mal si sposa con le architetture palladiane alla Inigo Jones, e vien da chiedersi cosa ne avrebbero pensato due campioni di dandismo della Reggenza quali Lord Brummell e il Principe di Galles.
Quello che può funzionare sul versante della paraletteratura non è detto conservi la medesima efficacia in una trasposizione cinematografica e il secondo, macroscopico difetto di PPZ non è estetico ma strutturale. I brillanti dialoghi di Jane Austen sono sopravvissuti più o meno indenni, così come è rimasta intatta l’affilata satira sociale del romanzo, ma il materiale di partenza è talmente prevaricante da non consentire infrazioni di alcun genere. Inserire un topos dell’horror, da Romero a The Walking Dead, come lo zombie trascina invece con sé la memoria del genere di riferimento, che rimane un corpo estraneo all’interno di un’opera che rigetta qualsiasi tipo di intromissione. Per porre rimedio all’estrema sensazione di incongruenza generata dal parodistico “pastiche”, insomma, sarebbe servito un autore con una visione più lungimirante e coerente di quella di Burr Steers, fino ad oggi oscuro regista di film con Zac Efron, il quale si limita a non scontentare gli ammiratori della Austen, marginalizzando la potenza dell’outbreak.
Ben lontane dalla composta grazia delle fanciulle immortalate nella pittura inglese dell’epoca e nelle “conversation pieces”, le cinque sorelle Bennet sembrano piuttosto una versione ottocentesca delle Charlie’s Angels, addestrate in Cina alle arti marziali Shaolin. Il compito che le attende, però, è assai meno improbo del trovar marito, considerando che gli zombie di PPZ gettano discredito sull’intera categoria. Pur avendo, come si evince dall’incipit, causato la follia di Giorgio III, le orde di revenant che mettono Londra a ferro e fuoco per poi scorrazzare liberamente per tutta l’Inghilterra, sono infatti ben poco minacciose e valgono tutt’al più come scontata metafora del “lumpenproletariat” di cui parlava Marx.
Il regista disattende consapevolmente i codici del genere horror, immolato sull’altare della parodia più o meno brillante, e dopo aver risciacquato i morti viventi nelle cristalline acque dell’Hertfordshire, riesce nell’impresa di filmare le più inerti sequenze d’azione degli ultimi anni, lasciando gli zombie quasi sempre fuori campo e senza versare una singola goccia di sangue. La parte fedele al testo della Austen, invece, può dirsi mediamente riuscita anche per merito di attori in grado di mantenersi in equilibrio su due registri così discordanti. Degna di nota, e non solo per la prorompente scollatura, la Elizabeth Bennet di Lily James (Downton Abbey) così come ugualmente efficaci sono il Mr. Darcy di Sam Riley (Control, The Dark Valley) e il Pastore Collins di Matt Smith, mentre si apprezzano le fugaci apparizioni di Charles Dance e Lena Headey.
Al termine della visione, ci si domanda perché Steer non si sia limitato a girare l’ennesimo adattamento di “Orgoglio e Pregiudizio”, che sarebbe giunto buon ultimo dopo la celebre miniserie della BBC del 1995 e il film di Joe Wright del 2005, tralasciando l’oziosa riscrittura di Seth Grahame-Smith. A meno che, indugiando con la macchina da presa sul décolleté di Lily James, non abbia voluto offrire il suo contributo personale a quella che rimarrà la maggior gloria del film, ovvero l’aver ispirato una linea di lingerie.
Voto: 5
Nicola Picchi