Scheda film
Regia: Paolo Genovese
Sceneggiatura: Filippo Bologna, Paolo Costella, Paolo Genovese, Paola Mammini, Rolando Ravello
Fotografia: Consuelo Catucci, Fabrizio Lucci
Costumi: Grazia Materia, Camilla Giuliani
Musiche: Maurizio Filardo
Italia, 2016 – Commedia – Durata: 97′
Cast: Kasia Smutniak, Marco Giallini, Valerio Mastandrea, Anna Foglietta, Giuseppe Battiston, Edoardo Leo, Alba Rohrwacher, Benedetta Porcaroli
Uscita: 11 febbraio 2016
Distribuzione: Medusa Film
Il gioco delle parti
«Ognuno a teatro o nella vita recita una propria parte e farà sempre ciò che la sua parte gli richiede di fare o di essere, indipendentemente dal fatto che la persona se ne renda conto o meno», scriveva Pirandello in “Questa sera si recita a soggetto”. Proprio questo emerge, a suo modo, nell’ultimo lavoro di Paolo Genovese, Perfetti sconosciuti, in cui l’ottimo lavoro di scrittura viene esaltato da un cast giusto e affiatato come corde. Durante i titoli di testa ci vengono presentate le nostre coppie. Bianca (Alba Rohrwacher) e Cosimo (Edoardo Leo) son giovani e appaiono appassionati l’uno dell’altro, dall’altro lato Carlotta (Anna Foglietta) e Lele (Valerio Mastandrea) sono immersi nella loro quotidianità di genitori e un po’ distanti come coppia – bastano due scene a farcelo intuire. Devono andar a cena da Rocco (Marco Giallini) ed Eva (Kasia Smutniak), intenti a preparare i piatti, ma ancor più alle prese con la crescita della figlia Sofia (Benedetta Porcaroli), un’adolescente sfuggente. Mancherebbe all’appello un’altra coppia, costituita dal loro caro amico Peppe (Giuseppe Battiston) con la nuova compagna. Per far crescere la curiosità nello spettatore apparirà proprio quando tutti gli altri avranno creato l’attesa su questo personaggio e la sua nuova fiamma.
«Oh,non giurare sulla luna, l’incostante luna che si trasforma ogni mese nella sua sfera, per paura che anche il tuo amore si dimostri, come la stessa luna, mutevole», rispondeva Giulietta al suo Romeo, pronto a giurare sulla luna. Ecco il regista di Immaturi usa simbolicamente l’immagine del satellite terrestre attraverso l’escamotage dell’eclissi, la vedremo coi nostri protagonisti, ma rimarremo anche con il pizzico di dubbio se tutto ciò a cui abbiamo assistito è stato provocato da qualcosa di “magico” o era solo una proiezione, chiedendoci se davvero alcune cose possono essere cancellate.
In fondo chi di noi non ha mai provato la curiosità di spiare nelle cose altrui anche se dall’altro, però, non vorrebbe sentirsi spiato? Dal teatro alla letteratura, senza scomodare la filosofia, ci si chiede quanto sia importante la verità e se sia giusto dirla, in Perfetti sconosciuti torna prepotentemente come interrogativo rilanciando la palla a noi.
Tutti potrebbero pensare a far confronti con ultime opere italiane da Il nome del figlio di Francesca Archibugi a I nostri ragazzi di Ivano De Matteo fino ad attivare al recente Dobbiamo parlare di Sergio Rubini, ma al di là della differenza già tecnica nel numero di amici, l’originalità dell’ultima opera di Genovese risiede in primis nel soggetto e nel meccanismo da cui tutto parte. Il fatto che poi si riuniscano durante una cena o l’idea del “tutto in una notte” è legato al desiderio di rendere tangibile la situazione.
Il motore di tutto è quello che potremmo considerare la macchina infernale della nostra vita, senza cui ci sentiamo fuori dal mondo. Se proprio vogliamo far dei richiami, già Yasmina Reza aveva descritto in “Carnage” come ne siamo schiavi (Polanski ha realizzato un film per un poker d’attori) grazie al personaggio di Alan, la cui vita è scandito da quell’ “aggeggio”. Per Alfredo di Dobbiamo parlare diventa il rivelatore di qualcosa che avrebbe tenuto per sé.
A proposito di questo, in Perfetti sconosciuti diventa un vaso di pandora, pericoloso da aprire tanto.
La padrona di casa, Eva, propone di mettere tutti i cellulare sul tavolo, leggendo gli sms in arrivo ad alta voce e rispondendo alle chiamate con il viva voce. Qualcuno tra loro manifesta delle remore, ma, pur di passare per chi non ha nulla da nascondere, accetta di star alla regola del gioco.
Non vogliamo rivelarvi tutta la trama anche perché perdereste il gusto di vedere una commedia che parte proprio dalla parola per declinare tematiche importanti come l’omosessualità e certi pregiudizi che ancora oggi (r)esistono. Genovese non concede tregua né dà contentini (anche in quel finale che potrebbe andare in tal direzione). A quanti di noi sarà mai capitato di pensare, almeno una volta, se quell’amico che si conosce da anni, lo si conosca davvero? Dentro Perfetti sconosciuti si gioca al massacro con la macchina da presa che cerca di psicanalizzare proprio come fa Eva nella sua professione – ancora una volta torna, dopo Tutta colpa di Freud, la figura dell’analista. In virtù di questo viene da domandarsi quanto effettivamente conosciamo l’altro, ma anche quanto ci conosciamo. È merito di questo moderno gioco della bottiglia se la vita segreta viene a galla e chissà se tutta. Eppure, date le conseguenze, ci si arriva a chiedersi se non fosse stato meglio che l’unico custode continuasse a essere solo lo smartphone di turno. Ai posteri l’ardua sentenza, se mai giocheremo anche noi, in fondo «siamo frangibili tutti, chi più chi meno».
Voto: 8
Maria Lucia Tangorra