Scheda film
Titolo originale: Concussion
Regia e Sceneggiatura: Peter Landesman
Soggetto: Jeanne Marie Laskas (articolo “Game Brain”)
Fotografia: Salvatore Totino
Montaggio: William Goldenberg
Scenografie: David Crank
Costumi: Dayna Pink
Musiche: James Newton Howard
Suono: Jim Emswiller e Nerses Gezalyan
USA/Regno Unito/Australia, 2015 – Drammatico/Sportivo – Durata: 123′
Cast: Will Smith, Alec Baldwin, Luke Wilson, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Gugu Mbatha-Raw, Eddie Marsan, Stephen Moyer, Albert Brooks, David Morse
Uscita: 21 Aprile 2016
Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia

Play the Game

Pittsburgh 2002. Mike Webster (David Morse, Il Miglio Verde – 1999), stella indiscussa dell’NFL, entra di diritto nella Hall of Fame del Football Americano. Il campione dei Pittsburgh Steelers, di lì a poco però, muore in circostanze misteriose. Relegato ad un’esistenza da barbone, viene trovato senza vita all’interno della sua auto. Il neuropatologo nigeriano Bennet Omalu (Will Smith, Io sono leggenda – 2007) è il medico incaricato di effettuare l’autopsia. Incredulo davanti ad una morte che non ha cause lampanti, il giovane medico commissiona esami specifici per scoprire la verità. Dopo illustri consulti con dei luminari della materia grigia, si arriva ad una scioccante conclusione. I ripetuti traumi cranici, subiti dai giocatori di football, procurano un indebolimento del liquido cerebrospinale, provocando così una malattia degenerativa che prende il nome di CTE (encefalopatia cronica traumatica). Patologia che porta alla pazzia e all’estraniamento dalla realtà. Il caso di Mike Webster non rimarrà isolato, altri ex-giocatori moriranno a causa di questa nuova affezione. Inizia così la battaglia contro l’NFL. La Lega era già al corrente di queste problematiche, ignorate per chiari motivi economici. In questa escalation di avvenimenti il Dottor Omalu accresce la sua fama, che non crea per forza risvolti positivi nella sua vita, ma porta la sua famiglia a subire intimidazioni ed ingiurie.

Zona d’ombra è scritto e diretto da Peter Landesman (Parkland – 2013) ed è basato su fatti reali riportati nell’articolo di GQ del 2009 “Game Brain” di Jeanne Marie Laskas. Per il ruolo del medico africano Will Smith è stato candidato al Golden Globe 2016 come miglior attore protagonista. L’attore di colore offre un’elevata prova artistica ed è indiscutibilmente il One Man Show della pellicola, ma il suo supporto non basta per salvare un film poco tenace. La grinta mista a sofferenza, sentimenti che ritroviamo sempre nelle opere di denuncia e lotta contro il potere assolutistico, risultano fievoli, pari ad un’esile fiamma che non prende mai ossigeno. Il fuoco non divampa come dovrebbe e la noia prende il sopravvento.

La parte dove la sceneggiatura dà il meglio di sé è quella iniziale. La costruzione, con prove a supporto alla teoria della malattia, è ben sviluppata e si assesta perfettamente nel filone medical-thriller. Le scene dove il dottor Omalu parla con i poveri cadaveri sul letto d’obitorio sono molto intime. La macchina da presa si concentra sul volto del medico carpendone l’inquietudine, ma anche l’intento di offrire alla salma una serena e sussurrata dipartita. Attento osservatore, che con calma serafica, si addentra nei meandri del corpo umano per carpirne le oggettive problematiche. Zone crepuscolari che trovano infine la propria alba. Aurora che torna nell’oscurità incanalandosi nel foro cieco del potere e del business ad ogni costo.

Il vero punto dolente è una regia che si limita a fare il compitino. Complice anche una sceneggiatura che implode. Si usa un linguaggio cinematografico obsoleto, che in alcuni momenti rasenta la fiction televisiva a buon mercato.
Il realismo visivo ed irrequieto di un film accostabile come Insider (1999) di Michael Mann è pressoché assente. Ci si muove sempre nello stesso sterile registro, dove i protagonisti aspettano che il buon senso alla fine abbia la meglio. Accenna la denuncia, ma non spinge l’acceleratore fino in fondo. Non affonda il leviatano NFL, si limita a colpire senza mai sferrare il colpo mortale. Débâcle che avviene infine in modo quasi naturale, dall’interno.
Ci si sarebbe immedesimati ed arrabbiati maggiormente, stando al fianco del protagonista nella sua campagna contro il sistema, solo se i ricatti e i tranelli fossero stati più all’altezza della problematica e non rilegati a voci riportate. Anche l’attacco da parte dei mezzi d’informazione, storici manipolatori in combutta con chi comanda, viene solo velatamente accennato. Chi cerca in Zona d’Ombra quelle ragnatele infinite di menzogne e sotterfugi, per intenderci alla Erin Brockovich (2000), non avrà piena soddisfazione.

Iconica e ad effetto è l’inquadratura che affianca la figura del medico Omalu alla foto appesa al muro del democratico Presidente John F. Kennedy. Simbolici rappresentanti a tutela del bene del gioco e della salute degli atleti, aspetti minati dalle lobby americane del potere.

Voto: 5

David Siena