Scheda Film
Regia: Stefano Calvagna
Sceneggiatura: Stefano Calvagna
Fotografia: Matteo De Angelis
Montaggio: Roberto Siciliano
Musiche: Claudio Simonetti
Italia, 2016 – Crime movie – Durata: 90′
Cast: Stefano Calvagna, Francesca Fiume, Massimo Bonetti
Uscita: 18 maggio 2016
Distribuzione: Poker Entertainment
Sale: 5
Chi va con lo zoppo deve imparare a zoppicare
Portare avanti sino in fondo, e aggiungiamo con una buona dose di coraggio mista a testardaggine, un’idea di cinema è già di per sé al giorno d’oggi un’impresa titanica. Portarla avanti con lo spirito, il modus operandi e l’approccio di una vera e propria factory, in piena autonomia e indipendenza, dalla fase di pre-produzione a quella machiavellica della distribuzione, nobilita ancora di più la suddetta impresa. Dotare l’intera filiera creativa di queste virtù è il grande merito che va riconosciuto a Stefano Calvagna, al di là di qualsiasi giudizio critico positivo o negativo che può essere rivolto al suo lavoro davanti e dietro la macchina da presa. A maggior ragione se il tutto avviene senza sgomitare, senza gettarsi nella mischia alla disperata rincorsa dei tanto agognati fondi ministeriali.
Questa scelta ha garantito e continua a garantire al regista, attore e produttore capitolino, una libertà di movimento che oggigiorno è diventato un “lusso” che in pochi si possono concedere. Ciò gli consente di poter decidere del destino della propria opera, tenendola fuori dalle sabbie mobili e dalle gabbie imposte dal Sistema nostrano, oltre al fatto di poter affrontare temi e storie senza scendere a compromessi. Il percorrere questo tipo di strada ovviamente ha dei pro, ma anche tutta una serie di contro con i quali bisogna giocoforza confrontarsi di volta in volta, a cominciare dal dover contare solo sulle proprie forze e sulle non poche ristrettezze dettate dai risicati budget a disposizione che, nel caso di Si Vis Pacem Para Bellum, si è aggirato intorno ai 17 mila euro. Per cui, di imperfezioni e mancanze ce ne sono e non dipendono solo da certe ristrettezze, così come ci sono anche pregi e spunti degni di nota, ma in fin dei conti ciò che ci preme sottolineare è il fatto che con quel poco che aveva in valigia, Calvagna è riuscito comunque a portare sul grande schermo facendo di necessità virtù un’opera ampiamente sufficiente e dignitosa. Si tratta di una costante nel percorso registico del cineasta romano, la cui filmografia ha nel corso degli anni offerto il fianco a fisiologiche flessioni (L’ultimo ultrà) e ad altrettante risalite (Non escludo il ritorno). In tal senso, un film come Si Vis Pacem Para Bellum, nelle sale a partire dal 18 maggio con la Poker Entertainment, non fa sconti e nemmeno eccezioni alla regola, portandosi dietro pregi e difetti cronici, vizi e virtù, ma anche temi e stilemi che normalmente si affacciano nel dna cinematografico del suo modo di fare e concepire la Settima Arte. Modo che, a distanza di ormai diciassette anni dall’esordio dietro la macchina da presa con Senza paura, è diventato in tutto e per tutto riconoscibile.
Il risultato è un crime movie nero come la pece, illuminato da squarci di speranza di una vita migliore che devono però soccombere a causa di un tentativo di redezione soffocato dalle lacrime, dal dolore, dal sangue, dal piombo e da un’esistenza fatta di scelte perennemente sbagliate. Agli immancabili stereotipi, archetipi e ingredienti base di un filone già esplorato con il già citato Senza paura o con Il lupo, Calvagna aggiunge elementi ricorrenti del suo cinema, tecnici quanto drammaturgici, a cominciare dall’idea di affrontare storie, personaggi e argomenti di forte attualità attraverso il linguaggio, i codici e i colori del genere. Linea, questa, che il regista romano ha deciso di seguire sin dai tempi non sospetti degli esordi, avventurandosi successivamente nel ricco ventaglio a disposizione: dall’horror (Multiplex) alla commedia (Guardo il mondo da un oblò), passando per il dramma a sfondo sociale (L’uomo spezzato o Il peso dell’aria) e il biopic (Non escludo il ritorno o Un nuovo giorno). In Si Vis Pacem Para Bellum, infatti, torna a misurarsi con una storia di malavita metropolitana incastonata nel più classico dei “romanzi criminali”. Ad animarla un’altra figura solitaria che semina caos e morte, ma che è alla disperata ricerca di tranquillità e amore/affetto, meditando sul ritiro dalla professione di sicario e su una fuga dopo aver incontrato l’innocenza di una donna (torna alla mente Il freddo di Romanzo Criminale o il bessoniano Leon). A dividerlo dalla libertà neanche a dirlo un’ultima missione e una pioggia di proiettili. Da qui l’aforisma latino con il quale Calvagna ha battezzato il suo nuovo film, che come se non bastasse è tatuato a caratteri cubitali sul braccio del protagonista come promemoria. Ma l’amore e la felicità, così come la redenzione, hanno il più delle volte un prezzo altissimo da pagare. Per scoprire quale bisogna però andare al cinema, perché non è scontato che sia più facilmente pronosticabile. Quello scritto e messo in quadro dal regista romano è per certi versi inaspettato e non riconciliatorio. In tal senso, Calvagna tira fuori in prossimità del fotofinish un colpo da biliardo che ristabilisce l’ordine, ma non quello che in moltissimi si sarebbero aspettati.
Detto questo, la drammaturgia quanto la narrazione appaiono piuttosto frastagliate e in alcuni passaggi incerte, ma il ritmo serrato e il realismo misto alla verità (vengono da una profonda conoscenza della strada e delle sue regole da parte dell’autore) che trasudano dallo script fanno da solido parafulmine. La messa in scena è altalenante, con la soglia della credibilità che di tanto in tanto subisce delle brusche frenate, ma anche in questo caso la messa in quadro e la regia eclettica fanno da schermo protettivo. Calvagna fa quello che può, ossia tutto quello che i tempi e le ristrettezze economiche gli consentono di fare. Ciò non gli impedisce di consegnare allo spettatore una confezione di rispetto, dove trovano spazio anche buone sequenze d’azione e pregevoli soluzioni visive come quelle ottenute con l’uso dei droni, impreziosite dalle musiche di Claudio Simonetti.
Voto: 6
Francesco Del Grosso