Scheda film
Regia: Paolo Virzì
Soggetto: liberamente tratto dal libro di Michael Zadoorian “The Leisure Seeker”
Sceneggiatura: Stephen Amidon, Francesca Archibugi, Francesco Piccolo, Paolo Virzì
Fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Jacopo Quadri
Scenografie: Richard A. Wright
Costumi:Massimo Cantini Parrini

Musiche: Carlo Virzì
Italia/Francia, 2017 – Commedia/Drammatico – Durata: 112’
Cast: Helen Mirren, Donald Sutherland, Christian McKay, Janel Moloney, Dana Ivey, Dick Gregory
Uscita: 18 gennaio 2018
Distribuzione: 01 Distribution

Virzì e il suo This must be the place, sulla strada tra Hemingway e altre pazze gioie “senili”

Helen Ella, Donald John. Sul camper per evitare in un sol colpo ospedali, figli ansiosi e morte antidolorifica. Lei impasticcata e razionalmente tenace. Lui smemorato a fasi alterne, provetto guidatore e soprattutto ex professore da “attimo fuggente” veneratore di Hemingway e della sua leggenda (da raccontare a chiunque gli capiti sotto fiato, specialmente se donna). Scappano sul modello anni ’70 della propria vita acculturata e ancora innamorata di se stessa e dei suoi fantasmi lontani.
Dal Massachussets terra di pionieri e padri della patria oggi quanto mai razzista e trincerata, ispirati da antico desiderio di esplorazione e forse espiazione e redenzione, si regalano una maratona di soste con diapositive e bevande zuccherine, dalla stazione di servizio che vendeva barrette alla noci e ora vende i sorrisi dei suoi pudici gestori siriani, fino alla patinata abbacinante iper turistica Florida.
Cercano “piacere”, cercano tempo (libero), quello che per entrambe e in modi diversi, tra cancri e fughe di memoria, si sta srotolando via, come l’asfalto della Old (rigorosamente vintage anche la strada, come tutto il film e le sue confezioni) Route 1, verso il sud del Sud, la casa del Maestro Hemingway, le isole paradisiache degli USA post trumpiani.
Un on the road senza contesto e quasi senza colori, a parte quelli dei ricordi ripetuti senza sosta nelle soste, che della strada vera conserva i titoli iniziali – asfaltati direttamente sulle vie ben curate del quartiere residenziale da cui se la svignano Ella & John, i nostri attempati maestosi Mirren e Sutherland (tra le più affiatate sensuali coppie “vintage” degli ultimi anni) – e la nostalgia del cinema raccontato con la semplicità dell’empatia dei comprimari nel non-luogo ammaliante, catartico, travolgente e abbondantemente simbolico, del viaggio.
Ella & John hanno avuto un matrimonio inscindibile, quasi 50 anni, e decidono di coronare la loro complessa unione e i sogni giovanili prima dell’oblio definitivo. Quindi abbandonano i figli ormai di mezza età, il maschio ancora in cerca di realizzazione e la femmina rampante emula delle carriere paterne, in preda al terrore e insieme all’ilarità, quando alla vigilia del ricovero di Ella, si mettono in moto sullo scassone delle gite estive d’infanzia, su una rotta senza ritorno. Tra voglie di hamburger, sparizioni, ospizi, vomito su tappeti, seduzioni da hotel, vicini di camper e poliziotti bislacchi. Dell’avventura primigenia e inattesa di quel viaggio da svalvolati condannati a morte che vogliono consumare in gloria e comfort tutti i piaceri che restano, esplode solo qualche gag, sotto il sole di una commedia che ricalca tanti, troppi schemi ma si lascia per sua fortuna trascinare da due giganteschi attori.
Persi tra Melville, Joyce, il vecchio pescatore amante delle corride, la commedia americana anni 2000 ed echi alla Fotter style, le mitologie e gli spauracchi wasp di provincia e il dramma borghese classico (complessi paterni e materni, fedeltà, tradimenti, famiglie moderne e scalate sociali), gli autori creano un melting pot citazionistico che cerca di calcare la commedia con levità calviniana e umorismo british, ma tranne alcuni testa a testa tra i due straordinari protagonisti, vera ossatura del film, il contesto sociale, storico e culturale degli infiniti paesaggi umani e geografici offerti dal tragitto di Ella & John, si perde negli umori da cartolina amaranto della fotografia del sempre ineccepibile Bigazzi, reduce da altre grandi “bellezze”.

Voto: 5 e ½

SP VC