Scheda film
Titolo originale: Three Billboards Outside Ebbing, Missouri
Regia: Martin McDonagh
Soggetto e sceneggiatura: Martin McDonagh
Fotografia: Ben Davis
Montaggio: Jon Gregory
Scenografie: Inbal Weinberg
Costumi: Melissa Toth
Musiche: Carter Burwell
USA/UK, 2017 – Drammatico – Durata: 115′
Cast: Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell,
John Hawkes, Peter Dinklage
Uscita: 11 gennaio 2018
Distribuzione: 20th Century Fox

Domandare è lecito, rispondere è …

Nell’attesa di vedere ulteriormente incrementato con qualche prestigiosa statuetta alla prossima notte degli Oscar® il già ricco palmares raccolto in questi mesi da Martin McDonagh e dalla sua ultima straordinaria fatica dietro la macchina da presa dal titolo Tre manifesti a Ebbing, Missouri, che comprende tra i tanti riconoscimenti già ottenuti quattro Golden Globe (Miglior Film Drammatico, Miglior Sceneggiatura, Miglior Attrice Drammatica a Frances McDormand, Miglior Attore non Protagonista a Sam Rockwell), l’Osella per la migliore sceneggiatura alla 74esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il premio del pubblico al Toronto Film Festival 2017 e quello della Giuria al San Sebastián International Film Festival 2017, il pubblico nostrano potrà finalmente goderne a pieno. Si perché quello scritto e diretto dal cineasta irlandese, nelle sale italiane dallo scorso 11 gennaio con 20th Century Fox, è uno di quei film che se non è un capolavoro davvero poco ci manca. Probabilmente definirlo tale, specialmente in un’epoca in cui si abusa spesso del termine in questione, potrebbe essere un tantino esagerato per molti, ma non di certo per noi che ne abbiamo apprezzato ogni singolo ingrediente, a cominciare dalla scrittura, passando per la regia e per le grandissime performance sullo schermo dei suoi interpreti principali. Di conseguenza, ci prendiamo tutte le responsabilità del caso, ma siamo sicuri che moltissimi tra voi lettori sono completamente d’accordo con noi.

Scrivere bene e positivamente di qualcosa, indipendentemente che si tratti di un’opera cinematografica o di un quadro, dovrebbe essere compito agevole e non particolarmente impegnativo. Purtroppo non è così. Restando ancorati alla Settima Arte, di solito è facile analizzare un film che si è particolarmente apprezzato, non altrettanto semplice trovare le parole giuste per farlo. Questa è una di quelle volte in cui raccoglierle, ordinarle e restituirle in una recensione quantomeno esaustiva, è stata per noi impresa ardua, ma ci abbiamo comunque provato.

La visione della nuova pellicola di McDonagh, storia di una donna che inizia una guerra personale contro lo sceriffo e i suoi agenti, rei secondo lei di non aver fatto abbastanza per trovare l’assassino di sua figlia, ci ha letteralmente folgorato e non perché rivelatrice di un talento, poiché quello del regista, commediografo e sceneggiatore britannico, era già noto sin dagli esordi teatrali e cinematografici. Restringendo il campo a quest’ultimi, in passato ci aveva già regalato poche ma interessantissime pellicole, ma perfettamente riconoscibili poiché portatrici “sane” di una serie di caratteristiche e di peculiarità che in Tre manifesti a Ebbing, Missouri raggiungono vette altissime, dando forma e sostanza a una materia audiovisiva incandescente, capace di schiaffeggiare e accarezzare il cuore dello spettatore di turno. Per farlo, l’autore usa in primis la lama affilata della scrittura, la stessa precedentemente sfoderata, ma non con la medesima incisività e potenza, in In Bruges – La coscienza dell’assassino e 7 psicopatici. Qui la forza devastante della drammaturgia, dell’impianto dialogico, del disegno dei personaggi e delle rispettive one lines, si eleva all’ennesima potenza diventando “arma di distruzione di massa” della morale, del perbenismo, dell’ingiustizia, della violenza e della discriminazione razziale. McDonagh non risparmia niente e nessuno, nemmeno le istituzioni religiose (vedi la scena della cacciata del prete da casa di Mildred). L’arma in questione è lo humour nero che, mescolato con un’abbondante dose di cinismo e di politicamente scorretto, genera a sua volta una black-comedy dal retrogusto dramedy che manda letteralmente in frantumi tutto ciò contro il quale il film si scaglia senza esitazione alcuna. In tal senso, l’opera terza del regista irlandese è una macchina schiaccia sassi che travolge tutto e tutti, compreso lo spettatore che davanti alle traiettorie totalmente imprevedibili prese dalla storia e dalle azioni dei singoli personaggi – nessuno escluso – rimane sempre spiazzato. Da questo punto di vista, il film non ha eguali negli ultimi anni.

E con una sceneggiatura di tale portata, in grado di emozionare e inorridire allo stesso tempo, regalando momenti indimenticabili e scene di forte impatto fisico e verbale, dove i personaggi sono sempre al centro dei pensieri di colui che scrive e dirige, non si può non assistere a una performance corale da standing ovation, con le interpretazioni di Frances McDormand, Woody Harrelson e Sam Rockwell, che spiccano su tutte le altre. Sono loro gli incredibili protagonisti di un film originalissimo, carico di un’energia eversiva inesauribile, che non ha nessun problema a dire e a mostrare, trasformando un piccolo paesino della profonda provincia americana nello specchio della Società odierna post-obamaniana e in una cloaca di violenza fisica e psicologica repressa pronta a riesplodere.

Voto: 9

FDG VC